di Nicola Bianchi
"La revisione? Non la concederanno". Lapidario l’avvocato Marcello Marasco, parte civile per Renata Reatti, sorella di Dino, ucciso a sprangate nel cortile di casa ad Anzola la notte tra il 7 e l’8 giugno 2012. Le sentenze per i responsabili sono definitive, ma uno di loro, la ex moglie della vittima, Sonia Sosò Bracciale, ora chiede la revisione del processo. "Devo uscire assolta – dice dal carcere –, non c’entro nulla". Per tre gradi di giudizio è stata lei, Sonia, ad aver indotto l’amico innamorato Giovanni Trombetta (16 anni la condanna) e l’amante Thomas Sanna (14) allo scellerato impulso. Lei l’istigatrice, la mandante, l’organizzatrice dell’azione delittuosa.
"Io, innocente". Ma ecco il colpo di scena, portato alla luce dal suo legale, Gabriele Magno: "Abbiamo nuove prove sulla sua estraneità". Due le carte da giocare, messe nero su bianco nella richiesta di revisione depositata nei giorni scorsi: le "ritrattazioni" di Trombetta, esecutore materiale, attraverso lettere spedite in carcere alla Bracciale, e la ricostruzione dei carabinieri, "rivelatesi un collage", mettendo insieme "intercettazioni in modo innaturale".
"No prove". Affermazioni rigettate dall’avvocato dei Reatti: "Il processo – così ancora Marasco – si è celebrato in modo preciso e concordante e la richiesta di revisione verrà dichiarata inammissibile. Dove sono gli elementi nuovi per concederla? E cosa ha fatto la Bracciale per aiutare gli investigatori in questi otto anni? Trombetta cambia versione dicendo che la donna non sapeva nulla di quella notte? Diciamo che le sentenze non si sono basate solo sulle sue deposizioni...".
Gli atti. Secondo i giudici d’Appello, che condannarono l’infermiera a 21 anni, contro i 18 e tre mesidel primo grado, "ella aveva affermato a più riprese davanti a Trombetta e al compagno Sanna la volontà di vendicarsi", facendo "soffrire il coniuge", che secondo la stessa lo picchiava. "Sia fisicamente sia economicamente tramite persone che aveva pensato di fare arrivare dalla Puglia". Cosa che però Sanna aveva respinto, "rivendicando su di sè il compito di tutelare la sua donna". Così ecco "l’idea della spedizione punitiva", con i "pro e i contro", ma chiedendosi "anche a cosa sarebbero andati incontri qualora fosse accaduto qualcosa di grave".
La rabbia. Contro la Bracciale e la sua "nuova mossa" si scaglia la sorella di Dino, Renata Reatti: "Per tutta la vita – dice – ha manipolati tutti. Lei è sempre stata violenta con mio fratello, le tirava i coltelli". E i polsi lividi di Sonia mostrati in tv, "altro non erano che una presa di Dino per fermare il suo tentativo di lanciarle le cose addosso". Per Renata, "la verità in tre tribunali è già saltata fuori" e "una volta ogni tanto giustizia è stata fatta". E le lettere che ora rivendica Sosò? "Sono stati trovati messaggi chiari, scambiati con il suo compagno, dove diceva cosa voleva fare con mio fratello. La ritrattazione di Trombetta è fatta ad hoc. Lui è stato l’unico a dire come stavano le cose e ha pagato più di tutti". Non è finita: "Qualora fosse innocente, perché in questi anni non ci ha mai scritto una lettera con il cuore in mano? In aula mi guardava con aria di sfida come per dirmi che anche questa volta aveva vinto lei. Sulla sua colpevolezza non ci sono dubbi". Infine ricorda quando arrivarono i carabinieri e trovarono Dino moribondo: "Le chiesero se avesse altri parenti, rispose di no. Fino all’ultimo voleva che restasse da solo".