"Nella mia ’Evangelina’ le trasformazioni di oggi"

Sassoli de Bianchi presenta il nuovo libro domani in Salaborsa "Un personaggio ispirato a una pittrice in Irpinia, un ricordo lontano".

"Nella mia ’Evangelina’ le trasformazioni di oggi"

"Nella mia ’Evangelina’ le trasformazioni di oggi"

Evangelina è un essere soprannaturale e superlativo: è stata un’esigenza "umana" la sua, quella di creare una protagonista del genere?

"Ero così preoccupato dei drammatici cambiamenti che viviamo– risponde Lorenzo Sassoli de Bianchi, che domani alle 18 presenta l’ultimo romanzo Evangelina (Sperling & Kupfer) in Sala Borsa –, che volevo scrivere una storia capace di mettere in evidenza le profonde trasformazioni antropologiche in noi e attorno a noi, un esempio su tutti: fino a qualche tempo fa e per millenni siamo stati uno, oggi siamo due, noi e i nostri smartphone. Tutti i ceti sociali sono inclusi. Ho pensato di creare un personaggio che si mettesse in un rapporto conflittuale con il nostro tempo, che si facesse straniera. È da lì che è riaffiorato un ricordo lontano".

Un ricordo del suo passato in questo libro come in quelli precedenti, che ci informa delle "tante vite" che ha avuto.

"Sono una persona dalla vita lunga e inquieta".

Da cosa nasce la sua inquietudine?

"Cerco di capire. Questo è il mio quarto romanzo e la scrittura è una cosa tardiva nella mia vita, ma mi serve per riflettere. Sia il fare che lo scrivere sono strumenti di riflessione, nel caso di questo ultimo libro, sul tempo che stiamo vivendo, molto complesso".

Lei ha iniziato a scrivere nel 2020, durante la pandemia. Avevo bisogno di un orizzonte, una speranza.

"E infatti il primo libro invita a sperare, è un rapporto molto generazionale tra un padre e un figlio, molto legato alla musica come nutrimento della vita, al raggiungimento di un sogno".

In quel primo libro abbiamo scoperto una sua vita, gli incontri con Tom Waits e Michael Stipe, ad esempio, in Evangelina, invece, c’è l’incontro, veloce come uno scatto fotografico, nel 1980 in Irpinia, con una pittrice.

"Ho incontrato questa ragazza in una piazza di un paesino sui monti Picentini, pochi giorni dopo il terremoto. Pioveva, quasi nevischiava, tutti erano indaffarati a portare soccorsi e spostare cose, e lei invece stava lì col suo cavalletto. Lei mi disse che era il suo modo per testimoniare quel che stava succedendo e che la pittura era per lei preghiera. Come una madeleine proustiana, il ricordo è riaffiorato, l’ho chiamata Evangelina, perché significa portatrice di buone notizie e ho immaginato una vita".

La storia è quella di un viaggio, che passa anche per Bologna.

"Il libro è un road book ed è il percorso sia spirituale che fisico di Evangelina, che lascia l’Irpinia alla ricerca del padre, figura che simboleggia il compimento della persona come essere umano. Per la prima volta in un mio libro volevo che comparisse Bologna, che appare con due vesti, da una parte quella del caldo abbraccio dei portici, una matrona pronta a mostrare le meraviglie, dall’altra una commistione tra storia e contemporaneità, giovialità e mistero. E proprio a Bologna, a Evangelina succedono cose terribili che la formano e la cambiano".

Benedetta Cucci