REDAZIONE BOLOGNA

Nella mente del mostro. Argentieri è ’Manson’

Da stasera al Teatro delle Moline il nuovo lavoro della compagnia. Fanny & Alexander: il pubblico. copre il ruolo della giuria.

Andrea Argentieri veste i panni di Charles Manson, celebre assassino statunitense,. nello spettacolo firmato da Luigi Noah De Angelis

Andrea Argentieri veste i panni di Charles Manson, celebre assassino statunitense,. nello spettacolo firmato da Luigi Noah De Angelis

La compagnia ravennate Fanny & Alexander, tra le più importanti realtà teatrali italiane riconosciute e affermate anche all’estero, dopo i cinque premi ricevuti lo scorso dicembre per l’edizione 2024 del Premio Ubu con Trilogia della città di K., presenta due recenti lavori: Manson in scena al Teatro delle Moline da oggi a domenica e Maternità nella Sala Thierry Salmon dell’Arena del Sole da venerdì a domenica, entrambi diretti da Luigi Noah De Angelis.

‘Manson’ vede in scena Andrea Argentieri nei panni del noto assassino statunitense, ritenuto il responsabile dell’eccidio di Cielo Drive, in cui furono ammazzati l’attrice Sharon Tate, moglie di Roman Polański, e quattro suoi amici, e quello ai danni del dirigente d’azienda Leno LaBianca e di sua moglie. Argentieri indossa i panni dell’accusato e, a partire dalle testimonianze video e audio, le numerose interviste che Charles Manson rilasciò, incarna una sorta di ritratto mimetico del suo personaggio facendoci ripercorrere, tramite l’iperbole delle risposte, i meandri della mente labirintica, istrionica, scivolosa e manipolatoria del criminale. È così che si imprimono nella voce e nel corpo dell’attore i ritmi, la gestualità spezzata e gli sguardi mutevoli del protagonista che gli è ora matrice, come se gli spettatori si trovassero per un attimo di fronte a un fantasma.

Lo spettacolo mette il pubblico nello scomodo ruolo di una sorta di giuria postuma: al termine di questa fantasmatica ricostruzione ci si accorge poi di una presenza reale in sala, una specie di testimone silente che dà le spalle fin dal principio alla platea. L’uomo si gira, si avvicina, invita ripetutamente il pubblico a rivolgergli delle domande. Il pubblico pesca da un elenco di trentadue domande che gli sono state consegnate al suo ingresso in teatro e poi, singolarmente e volontariamente, rivolge il quesito scelto all’attore, che risponderà in inglese.

Alla fine, la domanda che il regista vuole spinge a farsi è se "in ballo c’è davvero solo il giudizio, la condanna alle azioni di questo strano, ambiguo personaggio? Oppure ci siamo anche noi, la nostra stessa repulsione oppure l’indecifrabile attrazione per questo caso macabro, per le parole depistanti e oblique che stiamo ascoltando?".