
Renata Pepicelli insegna Islamologia e Storia del mondo arabo contemporaneo all’ateneo di Pisa
Renata Pepicelli lo chiama ‘Occiriente’. Quello "spazio in cui persone, religioni e lingue plurali convivono nello stesso luogo, e le culture si rifondano e ricuciono insieme". È il suggerimento di un mondo nuovo che l’autrice, docente di Islamologia e Storia del mondo arabo contemporaneo all’università di Pisa, muove in ‘Né Oriente né Occidente’ (Il Mulino). Confini disegnati da una geometria variabile; mondi che, da sempre, si sono contaminati. "Se studiamo con attenzione la storia, anche presente, e il pensiero politico, vediamo come queste stesse categorie, di Occidente e Oriente, siano frutto di invenzioni", sottolinea Pepicelli, che presenta il libro alle 17 alla libreria coop Ambasciatori con lo storico Alessandro Vanoli e Yassine Lafram, presidente Ucoii.
Per esempio?
"L’espressione Medio Oriente è stata coniata dai colonizzatori britannici, che su quelle terre costruivano il loro impero. Oggi è usata anche dai popoli che abitano la regione. Ma racconta lo sguardo di chi stava colonizzando il mondo: possiamo definirlo ‘Medio Oriente’ rispetto alla posizione dei britannici, certo non rispetto a quella dei giapponesi o degli stessi popoli che abitano quella regione. Un grande pensatore palestinese, Edward Said, nel 1978 scrisse Orientalism, nel quale mostra che l’Oriente per come lo conosciamo sia una costruzione dell’Occidente".
Perché costruire queste due categorie?
"Per legittimare l’espansione dei Paesi europei, fornendo anche una giustificazione morale, la cosiddetta ‘missione civilizzatrice’".
Centrale, nel suo discorso, è la figura della donna orientale, "la musulmana da salvare", scrive. In che modo questo mito ha contribuito ad avallare la narrazione?
"È stata determinante la costruzione di un’immagine della donna musulmana considerata necessariamente vittima della sua religione, delle sue tradizioni, della sua storia. L’immagine dell’Oriente è stata fortemente femminilizzata".
Nel libro fa riferimento anche alla produzione pittorica…
"Sì, in modo particolare a quella dell’Ottocento, definita orientalista. Ha riprodotto immagini di odalische, donne nude, sensuali. Anche la pittura italiana ne è piena. Nel libro mi concentro su Francesco Hayez, che partecipa al racconto orientalista di pittori che, in Oriente, spesso, non c’erano neanche mai stati. Eppure continuavano a descriverlo attraverso le immagini di donne che sembrano pronte a darsi allo sguardo del pubblico, ma anche al conquistatore".
La reale condizione delle donne, invece, qual era?
"All’inizio del Novecento sorgono movimenti, che alcuni cominciano già a definire femministi, come l’Unione Femminista Egiziana. La femminilizzazione dell’Oriente non fa i conti con la realtà e con i dibattiti interni ai paesi".
Il capitolo ‘Il mondo nuovo’ si apre con le parole del brano di Ghali a Sanremo 2024: ‘Se vai dritto in Occidente prima o poi arrivi in Oriente’. Lui incarna il concetto di ‘Occiriente’?
"Un giovane uomo di origine tunisina, cresciuto a Milano, canta ‘Io sono un italiano vero’, riconoscendo l’appartenenza all’Italia senza negare la sua radice tunisina e la sua fede musulmana. Poi esce dal palco dicendo ‘Ciao, As-salamu alaykum (la pace sia con voi)’. Questo ci racconta di multiple appartenenze, pur considerandosi pienamente italiani. L’Islam non è in contraddizione con l’Italia, è ormai una delle religioni in Italia".