Bologna, 25 giugno 2019 - Nuovo colpo alla 'ndrangheta in Emilia Romagna: la Polizia ha eseguito 16 arresti nei confronti di presunti appartenenti alle cosche che da tempo operano nella regione e che sono storicamente legate ai Grande Aracri di Cutro. Dei 16 arrestati 13 sono in carcere e 3 ai domiciliari.
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I provvedimenti dell'operazione "Grimilde" sono stati emessi dal gip di Bologna Alberto Ziroldi su richiesta della Dda nel corso di blitz (foto) avvenuto in nottata. Ci sono anche 64 indagati e sono state fatte un una settantina di perquisizioni in tutta Italia nei confronti di soggetti che, pur non essendo destinatari della misura cautelare, sono comunque risultati collegati alla cosca. Sono un centinaio le intercettazioni telefoniche disposte, per circa 200mila ore di conversazioni trascritte e visionate.
Le indagini nei confronti dei presunti appartenenti alle famiglie di 'ndrangheta sono state coordinate dal Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia e condotte dagli uomini della Squadra mobile di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Reggio Emilia e Piacenza.
Gli arresti
Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione di stampo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. Per eseguire le misure cautelari, in diverse città dell' Emilia Romagna, sono impegnati oltre 300 agenti.
In cella sono finiti: Giuseppe Strangio, Pascal Varano, Giuseppe Lazzarini, Antonio Muto, Francesco Grande Aracri, Salvatore Grande Aracri, Paolo Grande Aracri, Giuseppe Caruso, Albino Caruso, Claudio Bologna, Leonardo Villirillo, Francesco Muto, Domenico Spagnolo.
Ai domiciliari, invece: Gregorio Barberio, Manuel Conte, Davide Gaspari.
I beni sequestrati
Nell’ambito della stessa operazione è in corso di esecuzione un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dalla Dda di Bologna nei confronti dei principali appartenenti al gruppo criminale riguardante società, beni mobili ed immobili, conti correnti. Tra questi, alcune villette e una pizzeria a Brescello.
I Grande Aracri
Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi eseguiti dalla polizia contro la mafia calabrese figurano elementi di primo piano del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, tra i quali Francesco Grande Aracri (video, l'irruzione in casa) e i due figli Salvatore e Paolo, ritenuti ai vertici del clan operante nelle Province di Reggio Emilia Parma e Piacenza.
Francesco Grande Aracri, già condannato per associazione mafiosa, viveva coi figli a Brescello, in provincia di Reggio Emilia. Il Comune è noto, oltre che per i film su Peppone e don Camillo ispirati dai libri di Guareschi, per essere stato il primo in Emilia- Romagna che venne sciolto, a fine 2107, proprio le infiltrazioni della criminalità organizzata.
Le intercettazioni
Tra gli arrestati c'è anche Giuseppe Caruso, attuale presidente del consiglio comunale di Piacenza di Fratelli d'Italia, ritenuto appartenente al gruppo mafioso capeggiato dagli altri. Proprio Caruso diceva a un altro indagato, secondo un'intercettazione dell'8 settembre 2015 agli atti dell'inchiesta: "Perché io ho mille amicizie, da tutte le parti, bancari... oleifici... industriali, tutto quello che vuoi... quindi io so dove bussare... quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi... dopo che mi hai immischiato e mi hai bruciato... è finita". E ancora, nel 2015, in una conversazione (qui l'audio oroginale) con l'autotrasportatore Giuseppe Strangio: "Lavorare, puoi lvorare... Là comando io, senza offesa di nessuno, perché là, naturalmente, Salvatore è sopra di me...". E, sempre nel 2015, mentre è assieme al fratello Albino: "Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico: 'Salvatò, noi non la dobbiamo affogare sta aziendam dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare, no?".
Nel dialogo intercettato Caruso, che secondo il Gip ha un ruolo "non secondario nella consorteria", spiegava a Giuseppe Strangio che, in relazione alla funzione che all'epoca rivestiva all'ufficio delle Dogane di Piacenza, avrebbe dovuto cercare di mantenere un certo distacco da Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri) perché questi, come il padre Francesco, era controllato dalle forze dell'ordine.
Sarebbe quindi stato più utile per la consorteria, ricapitola il Gip, che Caruso non apparisse all'esterno come un associato, "al fine di poter agire nell'interesse del sodalizio con più efficacia". "Ultimamente - si legge nella conversazione di Caruso, intercettata - Salvatore stesso (sottinteso: mi dice) 'stai a casa, lasciami stare, vediamoci pocò. Perché? Perché è giusto che sia così... nel senso che io dal di fuori se ti posso dare una mano te la do, compà, perché al di fuori mi posso muovere... guardo, dico, se c'è un problema, dico: 'stai attento. Altrimenti, dopo che si viene bruciatì', la gente ti chiude le porte, la gente mi chiude le porte... che vuoi da me... se tu sei bruciato non ti vuole... hai capito quello è il problema... quindi allora se tu ci sai stare è così... loro invece a tutti i cani e i porci è andato a dire che io riuscivo... che a Piacenza io riuscivo a fare i libretti, le cose". Caruso venne eletto nel 2017 nel consiglio comunale. La conversazione risale, dunque, a un periodo precedente.
L'intercettazione del 2015 prosegue, con Caruso che sta parlando con il fratello Albino, anche lui arrestato: "Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico... Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?". Secondo il Gip Alberto Ziroldi, Caruso con quelle parole stava "illustrando in modo assolutamente genuino quale fosse il reale intento e scopo dell'organizzazione criminale nell'aiutare la società Riso Roncaia Spa".
Salvini: "Nessuna tregua per i boss"
"Nessuna tregua e nessuna tolleranza per i boss, avanti tutta contro i clan". Lo dice il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini commentando l'operazione che ha portato all'arresto in Emilia- Romagna di presunti esponenti delle famiglie legate alla cosca Grande Aracri e complimentandosi con la Polizia e gli inquirenti.
Bonaccini: "Via le mafie dall'Emilia Romagna"
"Via le mafie dall' Emilia-Romagna. Ci battiamo ogni giorno affinché cresca la coscienza civile e la cittadinanza responsabile, per non lasciare spazi di alcun tipo alla criminalità organizzata. E collaboriamo con le Prefetture, gli inquirenti e le forze dell'ordine, impegnati in un lavoro straordinario ogni giorno, come hanno dimostrato anche oggi, facendo fronte comune". Lo ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, commentando la nuova operazione contro la 'Ndrangheta della Dda.
"Non va né taciuta né sottovalutata la presenza della criminalità organizzata anche in Emilia-Romagna dove cerca di infiltrarsi nella pubblica amministrazione e nell'economia legale", ha proseguito ricordando alcune iniziative portate avanti dalla Regione negli ultimi anni. "Quella contro le mafie è una battaglia che possiamo vincere - ha concluso il presidente - dando il massimo appoggio alla magistratura e alle forze di pubblica sicurezza, ma ricordandoci sempre che ogni giorno ciascuno di noi deve fare la sua parte, schierandosi con la legalità".
Amato: "Prosecuzione processo Aemilia"
"Questa è una operazione che idealmente e materialmente rappresenta la prosecuzione del processo Aemilia. Lo avevamo detto che non era il punto terminale dell'attività di contrasto all'infiltrazione della 'ndrangheta in Emilia, perché altri accertamenti erano in corso». Lo ha affermato il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, spiegando in conferenza stampa i dettagli dell'operazione Grimilde.
Meloni: "Caruso fuori da Fratelli d'Italia"
"Il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, anche se non legato alla attività politica ma al suo ruolo di funzionario dell'Agenzia delle Dogane che fa capo al Ministero dell'Economia, ci lascia sconcertati. Auspichiamo che Caruso dimostri la sua totale estraneità in questa vergognosa vicenda. Ribadiamo con assoluta fermezza che in Fratelli d'Italia non c'è stato, non c'è e non ci sarà mai spazio per nessuna mafia e per noi, come noto, chi fa politica a destra e tradisce l'Italia merita una condanna doppia. Anche per questo Fratelli d'Italia è pronta a costituirsi parte civile nel processo per difendere la sua immagine e la sua onorabilità. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d'Italia". Lo dichiara il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.