Bologna, 24 dicembre 2024 – Se il Natale è anche una questione di simboli, allora nel mondo di Luca Carboni non possono che essercene due a dominare queste Feste: San Luca e la sua, la nostra, Bologna. Due stelle polari che hanno segnato tutta la sua carriera e che oggi, più che mai, rappresentano anche la sua rinascita, il suo ritorno alla musica, all’arte e alla cultura nel senso più ampio del termine dopo un periodo difficile e ormai lasciato alle spalle.
San Luca che, come ricorda Carboni “di notte, quando è illuminato, sembra una piccola abat-jour, una piccola luce, come quella che i bambini vogliono nella loro camera quando si addormentano, per paura del buio”. San Luca che è anche il brano inciso con Cesare Cremonini nel suo ultimo disco, Alaska Baby, che ha scalato le classifiche dei singoli più ascoltati in Italia e che soprattutto ha già conquistato un posto speciale nel cuore del pubblico e un posto d’eccezione nel mondo della canzone d’autore italiana.
Ed è proprio pensando a San Luca e a Bologna che Carboni ha voluto fare un augurio di Natale speciale ai lettori de il Resto del Carlino. Perché in un’epoca in cui le distanze fisiche e geografiche sono state quasi del tutto cancellate grazie alla tecnologia, a fare la differenza nella vita di ciascuno di noi sono i luoghi che uno sceglie e i legami che solo il tempo, l’abitudine e l’amore consolidano. E il legame che Carboni ha avuto – e ha tuttora – con Bologna è sempre stato unico. Lo si può capire passeggiando tra le sale della mostra ‘Rio Ari O’ che, nelle stanze del Museo della Musica di Strada Maggiore, celebra i primi 40 anni della sua carriera. Lo si può vedere nei quadri esposti – come quello dedicato proprio a San Luca che trovate in questa pagina o come quelli che hanno i portici come soggetto preferito –, nei materiali d’archivio e nell’atmosfera che si respira davanti a ogni installazione.
E lo si comprende nelle parole di Carboni medesimo: “Mi è sempre piaciuto girare per Bologna di notte – ricorda oggi –. Giravo ascoltando musicassette con i miei provini, idee, ipotesi di nuove canzoni in embrione. Fumando. Attraversavo una città tutta accesa, illuminata ma deserta. Magica. Arrivavo in centro da fuori porta. Ci entravo e ci uscivo. Senza una meta. Vivevo il contrasto tra il nuovo e il vecchio. Tra il presente e il passato, tra il moderno e l’eterno. Quanta luce tra gli archi dei portici, quante ombre. Il silenzio. Ogni via del centro una grande diversa immagine. Metafisica. I grandi portoni scuri di quercia con il loro battiporta, le maniglie e i battenti, con forme inquietanti e strane, satiri, fauni, serpenti mi spaventavano, guardiani di chissà che cosa. Di misteriosi tesori, di segrete intimità, di grandi ricchezze. Giravo, vagavo, accendevo sempre di più la mia natura incline alla contemplazione. Niente è più misterioso del visibile, del reale. Pian piano gli archi dei portici diventavano facce, sguardi, teste di donne accese che andavo a trovare. Che mi guardavano passare. Il viaggio magico nella mia città, il desiderio di cantarlo, disegnarlo, dipingerlo”. E di condividerlo, in un Natale davvero speciale come questo.