monsignor MATTEO ZUPPI*
Cronaca

Natale 2017, l’arcivescovo Matteo Zuppi. “Gesù ci indica il futuro”

Gli auguri del pastore della chiesa bolognese. "La speranza inzia con quel bambinello"

L’arcivescovo Matteo Zuppi

Bologna, 24 dicembre 2017 – Qualche volta non ci riconosciamo più. Capiamo con difficoltà cosa ci è successo e cosa sta avvenendo, facciamo fatica a ritrovare i tratti abituali della nostra vita. Pensiamo al passato e ci sembra che il mondo abbia smarrito il senso di speranza del futuro che, anzi, ci incute paura. E se non si cerca il futuro, il “dopo di noi”, finiamo per vivere solo di “io” e del presente che si cerca di conservare. Senza il futuro non nasce niente di nuovo e tutto finisce per sembrare già vissuto. Facciamo fatica a riconoscerci in tanti modelli di vita banali ed effimeri che ci spingono a perseguire il successo a basso costo e a tutti i costi, screditando il sacrificio e la serietà.

Quando non riconosciamo il mondo intorno a noi sentiamo paura, sperimentiamo solitudine e irrequietezza. Papa Francesco il 1 ottobre ci ha incoraggiato a «cercare soluzioni sapienti e lungimiranti ai complessi problemi del nostro tempo, vedendoli sì come difficoltà, ma anche come opportunità di crescita e di miglioramento». A Natale capiamo chi siamo perché Dio ci aiuta a fermarci sull’umanità.

A Natale il mondo sembra migliore e tutti si sforzano di esserlo proprio perché al centro c’è Lui! Quel bambino ci rende consapevoli anche della nostra divinità, cioè che dentro di noi c’è la sua immagine, che non siamo fatti per vivere come bruti, che non siamo condannati ad essere lupi del nostro fratello. Quel bambino disarmato, indifeso, senza un posto come tantissimi che non lo trovano o lo hanno perso ci restituisce i veri sentimenti di cui abbiamo bisogno e da cui ripartire per capire chi siamo. Se non cerchiamo un posto per chi bussa facilmente lo perdiamo quando la nostra vita non vale più e diventiamo noi stranieri in casa nostra, scartati.

Gesù nasce accettando che la sua vita sia segnata dall’unica certezza della vita che è la morte. Un amore così ci riconcilia con l’amore. A volte questo viene scambiato per buonismo, che è la caricatura dell’amore forte e senza ritorno di Dio, perché una volta nato non può tornare indietro. Anche noi siamo chiamati a metterci in gioco. Quel bambino ci aiuta a credere nella bontà e ci chiede di essere buoni, a sacrificarci se necessario, come ci viene istintivamente quando dobbiamo difendere qualcuno la cui vita dipende da noi.

Il bambino ci libera dalla paura del futuro e ci fa credere che nella vita esistono realtà belle e durature per cui vale la pena di mettersi in gioco, che l’amore vero non è quello “usa e getta”. Ci aiuta a costruire oggi la pace anzitutto disarmando il nostro cuore e anche i “tasti” da parole di odio, di intolleranza, di vendetta, così facili quando non si incrociano gli occhi dell’altro. Quel bambino ci aiuta a sognare ad occhi aperti e di giorno. Ci chiede di essere forti, di rendere la bontà progetto e sicurezza sui quali tutti possano contare, sia chi ha posto e chi non lo ha, per liberare il primo dalla paura e l’altro dall’ingiustizia e dalla sofferenza.

Quel bambino viene per tutti perché nessuno si salva da solo. Nasce nella casa comune del mondo perché impariamo tutti a sentirla nostra e a renderla migliore perché solo insieme possiamo vivere e sopravvivere. Quel bambino ci dice una cosa: «Non aspettare! Inizia tu! Dipende da te!». Se Lui è venuto personalmente è perché ognuno di noi si faccia presente all’altro.

Chi sente nella grotta di Betlemme quanto è amato si avvicina a chi è nell’oscurità della tristezza, della disperazione, della sofferenza, dell’abbandono. La speranza inizia da me. Lui non manda un altro, viene. Inizia tu e vai tu, sembra dirci quel bambino. Gesù viene per tutti. La sua grazia non è una lotteria per pochi fortunati, ma una proposta di amore rivolta a chiunque. Il Natale difficile di Gesù ci libera dal lamentarci; la sua povertà ci spiega che stiamo bene regalando e non possedendo. Nessuno è così povero da non potere aiutare gli altri. Guardandolo ci riconosciamo ancora e impariamo a guardare con occhi nuovi, senza paura, il mondo intorno.

Diceva Annalena Tonelli, donna forte e che nascostamente ha amato e difeso tanti indifesi dall’Erode della malattia, della guerra e il peggiore dell’indifferenza: «Tanti hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a fiorire». A Natale la vita fiorisce. «E’ nell’inginocchiarmi perché stringendomi al collo possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica fortissima, certezza che tutto è grazia».

Gesù si è inginocchiato su di noi perché possiamo aggrapparci a Lui, perché «solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che non abbiamo più paura di nulla, che tutto sopportiamo. Ed è allora che la nostra vita diventa felicità anche nella sofferenza perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire». E quel bambino è Amore.

Buon Natale, allora, possibile a tutti, bontà che è per tutti e che è affidata a ciascuno.

*Arcivescovo di Bologna