Bologna, 28 agosto 2019 - I titolari dei locali della movida devono impedire il rumore anche all’esterno del loro esercizio. E, in caso di condotte «contrastanti con le norme a tutela della tranquillità pubblica», mettere in allerta le autorità di sicurezza. A intervenire in materia, respingendo al mittente il ricorso di due gestori di un pub di Firenze, è ora la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a 309 euro di ammenda oltre alle spese processuali e di lite. Il tutto per il reato 659, primo comma, del Codice penale. Tradotto, disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Una decisione, motivata in tre pagine, accolta con soddisfazione dai comitati bolognesi che da anni si battono contro i cosiddetti locali fracassoni. «Una sentenza molto importante – chiosa Otello Ciavatti del Comitato Piazza Verdi – e che aprirà un capitolo nuovo anche a Bologna».
Partiamo dall’inizio con le lancette che tornano al 3 luglio 2018, giorno in cui il tribunale di Firenze condanna i titolari di un pub del centro a pagare 309 euro. Musica troppo alta, mancata insonorizzazione, ma soprattutto troppo rumore proveniente dall’esterno: questi i motivi. Insomma, le stesse situazioni che troppe volte abbiamo registrato da via Petroni a piazza Verdi (solo per citarne alcune), con le lamentele di cittadini e residenti: «A casa non possiamo guardare la tv e nemmeno riusciamo a parlare, troppo il rumore proveniente dall’esterno di quei locali». La sentenza viene impugnata dai gestori del pub i quali rigettano gli addebiti attraverso una sfilza di motivi. Ora però ecco la pronuncia definitiva, fresca fresca di deposito in cancelleria: quella della Suprema Corte che già si candida per diventare un precedente importante.
Secondo i giudici della terza sezione penale, il gestore di un locale risponde del reato 659 anche quando non impedisce «i continui schiamazzi degli avventori in sosta all’esterno del proprio esercizio», pure nelle «ore notturne». Sullo stesso, infatti, grava «l’obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi (la facoltà di opporsi a ogni ingerenza degli estranei relativamente al bene oggetto del proprio diritto) o all’autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme a tutela dell’ordine e della quiete pubblica». Insomma, per la Cassazione dovevano vigilare e impedire il troppo rumore dentro, ma soprattutto all’esterno del pub. Nulla di ciò, però, sarebbe stato fatto.