MARIATERESA MASTROMARINO
Cronaca

È morto Mario Stefanelli, addio al patron di Stefauto: “Maestro di rispetto e altruismo”

Il fondatore della concessionaria Mercedes Benz ha raggiunto l’amata moglie: aveva 95 anni. Il tenero ricordo dei figli: “Uomo generoso e profondamente cattolico, disponibile con tutti”

Mario Stefanelli, deceduto due giorni fa a 95 anni, con la moglie Anna Maria, spentasi a 92 anni nel giugno scorso

Mario Stefanelli, deceduto due giorni fa a 95 anni, con la moglie Anna Maria, spentasi a 92 anni nel giugno scorso

Bologna, 13 gennaio 2025 – Generoso. Buono. A disposizione della comunità. Dei più fragili, dei deboli. Al fianco degli imprenditori, sempre, nel segno dei valori cattolici. Un uomo che ha saputo unire il tessuto umano e commerciale di una Bologna distruttuta nel Dopoguerra. Un marito impeccabile e un padre esemplare. È racchiuso in questa fotografia l’animo di Mario Stefanelli, colonna portante dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti e fondatore, insieme con la moglie Anna Maria, di Stefanelli 1952, che si è spento due giorni fa all’età di 95 anni, compiuti lo scorso 16 ottobre.

Il patron del brand Stefauto, storica concessionaria Mercedes Benz sotto le Due Torri, lascia un vuoto profondo che trapela dal ricordo custodito dai figli Francesca, Cesare e Maria Alessandra. Il racconto parte dalla nascita di Stefanelli nel 1929 e dalla Seconda guerra mondiale vissuta da ragazzo, affrontando la fame e le paure di quella tragedia. Ma Stefanelli supera le difficoltà e, dopo il conflitto, si laurea in Giurisprudenza.

“Nostro padre era un uomo molto buono e generoso, lo ha dimostrato fin dal principio – racconta Maria Alessandra –. Inizia a lavorare con lo zio Ugo nel settore automobilistico, nel reparto della vendita di auto”. Una condizione di certezza, in un Dopoguerra segnato dalla crisi e dalla ricostruzione. “Sentiva di dover restituire questa fortuna, perché trovare un lavoro che permettesse alla sua famiglia di vivere non era affatto semplice – continua la figlia –. Da uomo profondamente cattolico, nostro padre pensava che fosse necessario, in quel contesto, parlare con gli imprenditori, stando al fianco delle imprese e di chi era più fragile. Un valore innato, che è riuscito a trasmettere e restituire fin da giovane”.

Da qui l’intenso lavoro con padre Michele Casali, simbolico per la città: “Per anni, la sera uscivano insieme e andavano nei territori circostanti a parlare con gli imprenditori. Un lavoro di tessitura nel nome dei valori cattolici. Erano due innovatori”. Non a caso, Stefanelli è colonna portante dell’Ucid Emilia-Romagna e cittadina. L’idea di Stefanelli era quella “dell’azienda come famiglia – dice Maria Alessandra –. Nostro padre era un tutt’uno con i dipendenti e con gli imprenditori, li aiutava a risollevarsi dalle problematiche proprie e dei loro collaboratori. Aiutava gli altri a crescere, nel segno dell’ottimismo: ogni problema era risolvibile se affrontato in questo modo. Uno spirito di inclusione e di amabilità che ha fatto in modo che tutti parlassero di lui. Era tanto amato”.

Soprattutto perché “le persone erano trattate da lui in modo uguale, anche quelle meno gradevoli: ognuno, infatti, poteva apportare il proprio contributo. È stato un uomo generoso nell’offrire le sue esperienze per fare in modo che altri potessero costruire e crescere”. Qui gli incontri con i Papi Giovanni Paolo II e Ratzinger. La figura del padre si fonde a quella della madre, Anna Maria Stefanelli, tra le prime donne a lavorare nel settore automobilistico. “Erano uno il prolungamento dell’altro – racconta la figlia –. Erano innamoratissimi, uniti nella dimensione professionale e privata. Due persone complementari. Erano una cosa sola e noi figli con loro”. Come padre, “un uomo straordinario che ci ha insegnato il senso della famiglia, dell’amore e della condivisione – conclude –. I battibecchi esistevano, certo, ma tutto doveva rimanere nel binario del rispetto per sé stessi, per gli altri, per il lavoro e per chi aveva di meno. Il suo imperativo era quello di aiutare chi aveva bisogno. Questa è, per noi, la sua eredità più grande”.