NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Molestie all’Unibo: “Allungava le mani e non volevo”. Lo sfogo: mi hanno lasciato solo

Il racconto dell’assegnista: dopo la denuncia il professore mi ha suggerito di licenziarmi, a giugno me ne vado. “Solidarietà? Poca, per evitarlo costretto a cambiare orari. E ai convegni mi dicono di non partecipare”

Docente universitario a processo dopo la denuncia dell’assegnista (foto d’archivio)

Docente universitario a processo dopo la denuncia dell’assegnista (foto d’archivio)

Bologna, 26 febbraio 2025 – “Prima erano solo battute. Spinte, che ho tollerato. Poi ha iniziato a cercarmi sempre e ad allungare le mani. Io riuscivo solo a dire basta. Ma non è servito”. Marco (il nome è di fantasia) è il ricercatore dell’Alma Mater che ha denunciato il suo professore per stalking e violenza sessuale.

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Ora è pronto a raccontare anni di angoscia.

Marco, come ha conosciuto il suo ex tutor?

“Era il 2017. Ero a Roma, tra gli organizzatori di un convegno a cui il professore aveva partecipato in veste di presidente di un importante ente. Lui è subito entrato in contatto con me. Io ero uno studente, nutrivo grande rispetto. E così quando mi ha invitato a un aperitivo ho accettato. Così è nata la nostra amicizia”.

Che si è però trasformata in altro nel tempo.

“Lavoravo in un’università del centro Italia. Lui veniva a trovarmi spesso. Faceva sempre battute allusive, mi disturbavano, ma non volevo sembrare scortese con una persona ‘importante’. Quando sono arrivato a Bologna la situazione è degenerata”.

Ha vinto un concorso?

“Senza troppa sorpresa. Lui mi voleva quassù. Io ero fidanzato e quando mi propose di partecipare al bando non ho accettato subito. Fu il mio ragazzo a spingermi. Sono arrivato a settembre del 2022. Una volta in dipartimento, le parole sono diventate gesti, carezze in zone sempre più intime. Che io non volevo”.

Ma ha sopportato per un anno.

“Mi sono portato tutto dentro. Non dicevo nulla a nessuno. Non mi confidavo quando mi faceva vedere foto sconce e inopportune o quando allungava le mani. Ero diventato l’ombra di me stesso. Del tutto succube. Da lui dipendeva il mio assegno di ricerca. Avevo anche iniziato a somatizzare con eczemi e psoriasi. Il professore mi voleva solo per sé. Aveva fatto in modo di isolarmi in dipartimento. Poi il mio ragazzo, che non lo sopportava più, mi ha lasciato. Una mattina di fine ’23 sono esploso”.

Si è confidato con qualcuno?

“Non mangiavo più. Arrivato in università ho vomitato. Ho incontrato un mio collega. E sono scoppiato a piangere, raccontando tutto. Mi ha detto di fare denuncia. Ho scritto una relazione di dieci pagine al consigliere di fiducia del dipartimento e poi sono andato dai carabinieri”.

Ha trovato solidarietà in università?

“Poca. Dai miei colleghi sì. Ma per il resto è come se nulla fosse. Dopo la denuncia, il prof mi ha mandato un messaggio suggerendomi di licenziarmi. Gli hanno messo il braccialetto elettronico, non si può avvicinare a me entro i 200 metri. Ma ovviamente in università l’allarme scatta sempre. E allora per evitarlo mi hanno ‘suggerito’ di cambiare orari. Io, non lui. Quando ci sono convegni, sono invitato a non partecipare. Io, non lui. Una situazione paradossale, in cui, da vittima, sono stato costretto a cambiare abitudini”.

Si è sentito solo?

“Molto. Non esistono centri di accoglienza per uomini maltrattati e così sono andato al Centro di Salute Mentale. Mi sono messo in dubbio, come sempre. Il responso è stato stress post traumatico da violenza”.

Domani inizia il processo. Cosa farà poi?

“Spero vada bene. Dopotutto agli atti ci sono centinaia di messaggi che provano le mie parole. Sono fiducioso. Poi però non resterò qui. A giugno mi licenzio. Non so come farò, non sarà facile: è come se portassi un marchio addosso, perché ho denunciato un docente”.