PIERFRANCESCO PACODA
Cronaca

"Meglio un libro di una pistola":. Geolier in live

Martedì all’Unipol Arena il concerto del rapper. Seguitissimo, il napoletano è la lingua delle rime.

Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo, rapper napoletano. Nel concerto di martedì porterà la sua abilità di cavalcare le rime

Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo, rapper napoletano. Nel concerto di martedì porterà la sua abilità di cavalcare le rime

Rap e dialetto, l’America e Napoli. Mondi apparentemente lontanissimi, i cui linguaggi musicali, dal dopoguerra in poi, si sono profondamente intrecciati, mescolando radici e blues, tradizioni e il calore sensuale del funk. Sino alla world music di Enzo Avitabile, all’hip hop politico dei primi Anni ’90 dei 99 Posse, e alle rime di Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo, che il grande pubblico ha conosciuto con la partecipazione a Sanremo 2024 e che da molti anni, grazie alla sua costante presenza sulla rete, era già amatissimo dai più giovani.

Sarà una celebrazione delle sue rime che parlano, a volte anche in maniera molto cruda, il linguaggio della strada, il concerto in programma martedì 25 (ore 21) alla Unipol Arena di Casalecchio di Reno, dove l’artista campano porterà il suo repertorio e la sua capacità di improvvisare successioni di parole, che viene dalla frequentazione della scena del cosiddetto freestyle. Memorabile la sua partecipazione al Red Bull 64 Bars lo scorso anno a Scampia, con una folla osannante che lo aveva eletto a artista simbolo di un possibile rinascimento del quartiere. Che è poi quello che caratterizza il rap sin dalle sue origini a metà degli Anni ’70 nelle zone più complesse delle megalopoli americane.

Geolier è diventato una figura di riferimento per tantissimi ragazzi che cercano nella musica una occasione di riscatto. Partendo dalle storie che lui ha raccontato nei suoi dischi ‘Il coraggio dei bambini’ e il recente, ‘Dio lo sa’, mentre la vera popolarità è arrivata con una ballata d’amore, quella presentata al Festival della canzone, ’I p’ me, tu p’ te’ che parla, come ha detto lui stesso, "del rispetto nei confronti dell’altro partner anche quando la storia finisce, perché proprio quel rispetto, non continuare a stare insieme solo per abitudine, è la maggiore espressione d’amore". All’Ariston interpretò un testo interamente in napoletano. "Per me è sempre stato un obiettivo – disse all’epoca –: il napoletano è già stato portato a Sanremo ma io, a differenza degli altri, scrivo soltanto in dialetto. Per me già poter essere su quel palco con la mia musica è un onore, ma il napoletano era una condizione necessaria: altrimenti non sarei andato a Sanremo".

A dimostrazione di come la sua aspirazione sia quella, che condivide con la missione dell’hip hop di parlare e dialogare con chiarezza, specie con gli adolescenti che lo adorano, è stata significativa la sua partecipazione, nello scorso ottobre, all’iniziativa organizzata dall’Associazione nazionale magistrati di Torre Annunziata, nel Teatro Grande degli scavi di Pompei: "Ricordatevi – ha detto in quella occasione – che è meglio un libro che una pistola, perché è la cultura che annienta la criminalità. Uno dei miei più grandi rimpianti è proprio lo studio. Mi sarebbe piaciuto dedicare più tempo alla scuola perché questo mi avrebbe aiutato a comunicare meglio la mia arte. Sono cresciuto in un quartiere difficile e ho visto molti ragazzi prendere una cattiva strada. Ma sono anche tanti quelli che come me hanno scelto di stare dalla parte giusta".