Bologna, 12 aprile 2023 – “Prove a futura memoria” raccolte grazie “alla lungimiranza, al senso di protezione (prima) ed all'ostinata ricerca della verità (poi) serbate in particolare da tre donne, che mai hanno abbandonato Isabella”. Una serie di elementi, a partire proprio dalle dichiarazioni di Isabella alla sorella e a due amiche, “grazie ai quali si dispone oggi di accertamenti di tipo tecnico formatisi ben prima del suo decesso”.
Giampaolo Amato e Isabella Linsalata: i ritratti
A dirlo è il giudice che ha firmato il provvedimento di arresto di Giampaolo Amato, l’oculista 64enne conosciutissimo in città anche per essere stato ex medico della Virtus Pallacanestro accusato dell’omicidio della moglie Isabella Linsalata e della suocera Giulia Tateo, deceduta 22 giorni prima della figlia (anche se per quest’ultima si necessita di ulteriori accertamenti).
“Prove a futura memoria” appunto raccolte da Anna Maria e dalle due donne che sempre le sono state vicine e che si sono rivelate fondamentali nell’inchiesta. Come per quella bottiglia di vino conservata per tre lunghi anni dalla sorella di Isabella.
Un sospetto terribile e angosciante, corroborato dagli strani malori che avevano colpito Isabella nei mesi precedenti la sua morte e dai timori confidati proprio dalla vittima, avevano infatti spinto Anna Maria Linsalata, quasi due anni prima della morte della sorella, a ‘sequestrare’ la bottiglia di vino bevuta da Isabella insieme al marito Giampaolo per farne analizzare il contenuto. La stessa bottiglia che ora rappresenta uno degli indizi cardini dell’inchiesta.
E’ il 19 maggio 2019 quando Anna Maria trova la sorella in casa in condizioni particolari: “Sembrava che fosse un pò ubriaca e rimbambita. Isabella mi disse che il vino che aveva bevuto a cena era amarissimo”, racconterà poi agli inquirenti. Così come lo erano le tisane (sempre secondo il racconto della donna), preparate sempre dal marito per lei nei giorni precedenti.
A quel punto, Anna Maria non ci pensa due volte. Insospettita ulteriormente dall’aver trovato quella bottiglia stranamente già lavata dall’uomo nel cesto della spazzatura, la prende senza farsi vedere per portarla ad analizzare.
Non troverà laboratori idonei, ma la conserva comunque, non se ne libererà. Certamente senza pensare che proprio questa potrà un giorno diventare una prova nell’inchiesta sulla morte della sorella.
A marzo 2022 infatti, poco meno di tre anni dopo, sarà proprio quel gesto, guidato chi lo sa, da uno strano intuito, a fornire agli inquirenti che stanno indagando sulla morte di Isabella Linsalata, un indizio importante anzi fondamentale nell’inchiesta. Sì perché le analisi fatte a quel punto dagli investigatori del Ris sulla bottiglia in questione daranno esito positivo: all’interno vengono trovate tracce di benzodiazepine. E non di benzodiazepine generiche ma ancora una volta di Midazolam, lo stesso farmaco trovato in dosi massicce nel corpo senza vita di Isabella.
Una bottiglia di vino, quindi, quegli strani malori (in un’altra situazione Isabella era stata portata in ospedale e anche in quel caso erano state trovate nel suo corpo benzodiazepine che lei disse di non avere mai assunto), i sospetti e le confidenze a sorella e amiche di una donna, dolcissima, come tutti l’hanno sempre descritta, angosciata dalla scoperta della doppia vita del marito, innamorato di una donna molto più giovane.
Isabella sospettava sin dall'inizio del 2019 che il marito le somministrasse a sua insaputa sostanze tossiche, e non ne aveva fatto mistero con chi le stava più vicino, anche se con ogni probabilità escludendo che l'uomo volesse in quel modo ucciderla.