Raschi
Niente più numero chiuso per accedere ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria: la Commissione del Senato ha dato il via libera al disegno di legge delega che rivede le modalità di accesso per quanto riguarda il primo semestre, consentendo l’iscrizione a tutti gli aspiranti medici senza sostenere i test d’ingresso. Solamente dopo i primi sei mesi verrà effettuata una selezione basata sulle competenze acquisite degli studenti, attraverso i crediti formativi e la posizione raggiunta in una graduatoria nazionale, mentre i non ammessi potranno continuare a frequentare la facoltà alternativa scelta preventivamente (Farmacia, Biologia, Biotecnologia) e gli eventuali crediti acquisiti varranno per il nuovo corso.
Una riforma che sta sollevando, da più parti, molti dubbi. Perplesso anche il presidente dell’Ordine dei medici di Bologna, Luigi Bagnoli. "Intanto bisogna partire dal fatto che esistono delle strutture universitarie che consentono la formazione di un numero determinato e definito di medici e oltre questo le strutture non sono in grado di effettuare la formazione mantenendo una qualità molto alta – dichiara il presidente –. Il numero di medici che si stanno preparando ora è, probabilmente, già superiore a quello che sarà necessario tra dieci anni". Bagnoli riflette, naturalmente, su quello che è il problema che affligge il sistema sanitario pubblico in questo momento: la carenza di personale, sia medico che infermieristico: "È vero che siamo in carenza, ma è una situazione che nel giro di 3-5 anni si modificherà radicalmente, generando probabilmente, un surplus di medici. C’è stato un ritardo della politica che ha commesso un grosso errore molti anni fa, non valutando quali sarebbero state le carenze e adesso forse adesso sta commettendo l’errore contrario: manca la capacità di programmazione".
Il presidente dell’Ordine ragiona poi sulle materie che saranno affrontate nel semestre ’bianco’: "Chimica, fisica, biologia sono propedeutiche allo studio della medicina, ma non ti permettono di capire se sei adatto a fare il medico e sono le stesse sulle quali viene fatta la selezione attuale. Non si può dire che lo studente avrà a disposizione strumenti diversi e più chiari per capire se è versato o meno nella pratica della medicina. Il fatto poi di spostare più avanti la scelta della facoltà – prosegue – vuol dire rimandare, facendo perdere a questi giovani sei, sette, otto nove mesi di formazione. Senza contare che potrebbero esserci, almeno inizialmente un numero di candidati superiore all’attuale di sette-otto volte".
Un vantaggio si potrebbe anche verificare, afferma Bagnoli: "Con un numero più alto di studente saranno necessarie più cattedre, ma di fatto la qualità dell’insegnamento non potrà che essere più basso perché si dovranno formare non più 400 persone, parlo dei numeri dell’Università di Bologna, ma tremila, quattromila studenti. Sarà uno sforzo per l’Ateneo enorme con una caduta della qualità. Questo è il modello attuato in Francia – continua –, ma anche loro stanno riflettendo su come tornare indietro". E fa una proposta: "Credo sarebbe più opportuno quello che c’è già in alcuni licei di Bologna e Imola dove vengono attuati corsi per capire che cosa è la medicina. Mentre quella avanzata fa solo ritardare il momento della scelta della professione. Che è esattamente il contrario di quello che avviene in tutto il resto del mondo". Bagnoli sottolinea che l’attuale carenza di medici, ma soprattutto di infermieri, non si colmerà in poco temo, ma occorrerà attendere: "Fra tre-quattro anni il gap sarà colmato".
La perplessità sull’abolizione del numero chiuso a Medicina, già qualche tempo fa, era stato espresso anche dal rettore dell’Ama Mater, Giovanni Molari.
Le rettrici e i rettori riuniti nella Crui, la Conferenza dei rettori italiani hanno espresso "profonda preoccupazione" per la riforma dell’accesso a Medicina. In particolare hanno evidenziato la sostenibilità economico-finanziaria: "Il taglio subìto dai bilanci delle università nell’anno corrente ha sfiorato il 10 per cento. Le risorse utilizzate finora per 20.000 studenti non possono essere sufficienti per i 60/80.000 candidati che frequenterebbero se la revisione andasse a regime".