Martinetto: "Fotografo il set per raccontare chi lo fa"

La sua personale allo Studio Cenacchi. "È un gioco di verità e finzione". Da martedì anche un’esposizione al Lumière, sempre dedicata al cinema

Martinetto: "Fotografo il set  per raccontare chi lo fa"

Martinetto: "Fotografo il set per raccontare chi lo fa"

’Cinema interiore’ è la personale del fotografo Simone Martinetto, classe 1980, natali torinesi, con la curatela di Maria Chiara Wang, che ha inaugurato ieri allo Studio Cenacchi Arte Contemporanea in via Santo Stefano 68. In galleria sono visibili fino al 4 marzo, due ricerche fotografiche: ’Unexpected Cinema’ sul mondo che abita il backstage di una produzione e ’I Shut My Eyes in Order to See’.

Parallelamente, da martedì 24 gennaio, al Cinema Lumière inaugura ’Sollevare lo specchio’, ancora fotografia, ancora cinema, ma quello dei protagonisti.

Martinetto, lei ha studiato filosofia, ma è diventato fotografo e si è appassionato di cinema.

"Colpa del mio migliore amico, quando sono arrivato a Bologna a studiare. Lui frequentava il Dams cinema e insieme volevamo scrivere un film che parlasse di un fotografo, soggetto scelto da lui. Non avevamo una lira, erano i nostri 19 anni, guardavamo un sacco di film e io iniziai ad appassionarmi alla fotografia anche per scrivere questo film che non abbiamo mai fatto. Però alla fine…".

È diventato fotografo e ha lavorato su molti set cinematografici come fotografo di scena.

"E sono rimasto su questo confine tra foto e cinema perché amo le fotografie cinematografiche, l’immagine singola e statica mi ha sempre più appassionato del girare video".

Cosa significa ‘fotografia cinematografica’?

"Significa una foto con dietro qualcosa, con una profondità, non solo fatta bene, non solo ben composta. Cercare di trasmettere a chi guarda, la possibilità di immergersi dentro immaginando un’altra vita, un’altra storia. Non so se ci riesco sempre, però da 17 anni ci provo. E in questo senso adoro le foto-ricordo, i momenti belli di persone a cui vuoi bene, sono profondamente emotive".

In ’Unexpected Cinema’ lei fotografa tutto quello che sta dietro una produzione, tranne attori e registi, che però ritroviamo nella mostra in Cineteca. Pare di capire che lei ama più il primo mondo…

"Ho lavorato a lungo come fotografo di scena. Naturalmente sei pagato per fotografare le scene, gli attori, i registi ben riconoscibili. Contemporaneamente, perché amo il lato poetico del set, ho sempre fatto foto con il resto dell’umanità cinematografica, le maestranze. Ma anche foto che potrebbero sembrare scene di un film, inventate da me".

In mostra c’è una foto dal set ’Fai bei sogni’ di Marco Bellocchio. Cosa ha ritratto?

"Mi ha affascinato la casa del protagonista, Massimo Gramellini, autore del libro, che hanno ricostruita identica, ma nel teatro di posa per avere più spazio e poter mettere delle luci particolari dal soffitto, bucato in alcuni punti. Mi ha attratto la dimensione di verità-finzione e infatti c’è la foto ’The Magical House’ con lo scenografo che apre la finestra di questo mondo magico senza soffitto e con fuori la neve. Ho trovato nella visione intimità ed emotività".

Benedetta Cucci