Bologna, 21 aprile 2015 - Chi cambia sesso conserva “diritti e doveri” conseguenti al “vincolo matrimoniale legittimamente contratto”. Così la prima sezione civile della Cassazione, applicando i principi dettati dalla Consulta lo scorso giugno, si è definitivamente pronunciata sul caso della coppia emiliana che, dopo il cambio di sesso effettuato dal marito nel 2009, si era opposta alla cessazione degli effetti civili del matrimonio annotata nel registro degli atti del Comune di Bologna.
La Suprema Corte ha così accolto il ricorso presentato dalla coppia, sottolineando che “la conservazione dello statuto dei diritti e dei doveri propri del modello matrimoniale” è tale “fino a quando il legislatore non consenta” ai due “di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi”. Chi cambia sesso conserva “diritti e doveri” conseguenti al “vincolo matrimoniale legittimamente contratto”.
Così la prima sezione civile della Cassazione, applicando i principi dettati dalla Consulta lo scorso giugno, si è definitivamente pronunciata sul caso della coppia emiliana che, dopo il cambio di sesso effettuato dal marito nel 2009, si era opposta alla cessazione degli effetti civili del matrimonio annotata nel registro degli atti del Comune di Bologna. La Suprema Corte ha così accolto il ricorso presentato dalla coppia, sottolineando che “la conservazione dello statuto dei diritti e dei doveri propri del modello matrimoniale” è tale “fino a quando il legislatore non consenta” ai due “di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi”.
La vicenda è quella di una coppia emiliana - Alessandro B. e Alessandra T. -, sposata con nozze concordatarie, nei confronti della quale su reclamo del Viminale era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio in seguito alla «domanda di rettificazione e attribuzione di sesso femminile» avanzata dal marito al quale il «prenome» era stato modificato in Alessandra. La coppia si è battuta contro il «divorzio imposto», andando anche alla Consulta, la Cassazione le ha dato la massima tutela.
«È stata una grande soddisfazione, ci abbiamo sempre creduto. È una gioia che ci ricompensa di tante sofferenze», fatica a nascondere l'entusiasmo Alessandra Bernaroli. Nata uomo, Alessandro, nel 1971, aveva sposato una donna nel 2005. Poi il suo percorso di graduale presa di coscienza della propria identità sessuale l'aveva portato a cambiare sesso, sempre in accordo con la moglie. Conseguenza inaspettata di questa scelta personale era stato un «reclamo» del Viminale che dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Ma la coppia non si è mai arresa e ha cominciato una dura lotta fatta di carte bollate contro il divorzio imposto. «Questa sentenza è molto importante - spiega Bernaroli - perché di fronte alla politica che in questo Paese spesso non decide, sceglie solo di rimandare, dimostra invece il coraggio dei giudici di affermare la dignità e i diritti di tutte le persone. Mi ha fatto piacere - sottolinea - che la notizia sia arrivata proprio il 21 aprile, una data molto importante qua a Bologna: la ricorrenza della 'liberazione'. Non ci ricordiamo più di quelle leggi del 1938 che discriminavano alcune persone per il credo o la razza? Ancora oggi, dopo settant'anni, stiamo qui a chiederci se alcune persone vanno considerate di serie B perché sono nate con un orientamento sessuale diverso?». Bernaroli la risposta ce l'ha: «Qualsiasi legge che consideri diverse le persone dimostrerebbe solo che dalla Storia non abbiamo imparto niente».
"Una sentenza storica, che premia la tenacia di una coppia a cui gli enti pubblici avevano unilateralmente annullato gli effetti giuridici del matrimonio. Un segnale di Giustizia di cui questo Paese aveva, e ha tuttora, tanto bisogno": e' il commento di Flavio Romani, presidente di Arcigay. "Oggi abbiamo di fatto il primo matrimonio tra persone delle stesso sesso pienamente valido in Italia e paradossalmente - sottolinea Romani . non giunge attraverso una legge del Parlamento, cioé da dove lo attendiamo da tanti anni. Anzi, il pronunciamento dell'Alta Corte proprio al Parlamento manda un messaggio inequivocabile: le unioni tra persone delle stesso sesso - conclude il Presidente di Arcigay - vanno riconosciute al più presto".