Caravelli
Quarto giorno di crisi. E di proteste. Ma per lo stabilimento Marelli di Crevalcore arrivano le prime risposte. L’azienda, controllata dal fondo americano Kkr, ha annunciato la sospensione della chiusura del sito fino al 3 ottobre, giorno in cui le parti si confronteranno al tavolo convocato al Mimit. "È un primo, importante risultato. Ci permetterà – così in una nota congiunta le rappresentanze sindacali Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr – di iniziare il confronto con l’azienda senza un contatore già attivo. Noi vogliamo il confronto per arrivare a una soluzione che dia continuità produttiva e occupazionale al sito di Crevalcore".
Intanto ieri, tutti gli stabilimenti italiani della Marelli hanno aderito allo sciopero generale come segno di solidarietà nei confronti dei lavoratori del sito della Bassa bolognese. "Una prima iniziativa – sottolineano i sindacati – che vuole dare un segnale molto chiaro e che deve essere colto dall’azienda". Una giornata che ha visto, davanti ai cancelli dello stabilimento, anche la presenza del sindaco Matteo Lepore. "Voglio dire a questa azienda di fermarsi – le parole del primo cittadino bolognese – perché questa comunità di lavoratori non si merita il licenziamento in tronco, perché è di questo di cui stiamo parlando. Spostare la produzione a Bari non è la cosa giusta. Serve un piano industriale in questo Paese, un piano di salvaguardia dei siti produttivi per la seconda potenza industriale d’Europa sul manifatturiero com’è l’Italia. Bologna non può perdere questi lavoratori e lavoratrici".
Il timore del sindaco è che la decisione di chiudere l’impianto di Crevalcore "sia solo l’antipasto di una chiusura e di un trasferimento più complessivo che potrà avvenire nei prossimi anni" e riguardare anche lo stabilimento Marelli da quasi 600 dipendenti a Bologna. "Il Governo – conclude – e la Regione si facciano parte attiva, occorre fermare questa procedura per i lavoratori e trovare un’alternativa perché questo stabilimento è di proprietà della comunità. Non possiamo solo aspettare, occorre un piano di investimenti. Se serve una riconversione, allora bisogna parlarne con i lavoratori e non metterli di fronte al fatto compiuto".
Fuori dallo stabilimento della Bassa bolognese è un continuo via vai di persone. Ieri, oltre agli operai dell’azienda, sono arrivati in segno di solidarietà anche alcuni lavoratori di altre realtà del territorio come Lamborghini e Ducati. "La Marelli di Crevalcore – così il segretario della Cisl metropolitana di Bologna, Enrico Bassani – non deve chiudere, la procedura va ritirata, va ripreso un dialogo per riportare la produzione nello stabilimento. Quella produzione, anche di avanguardia, che è stata assente nella miopia di anni dell’azienda. Voi sapete bene quello che non hanno fatto: non hanno creato sviluppo e possibilità di futuro e oggi i lavoratori in lotta pagano tutto questo".
Sul tema è intervenuto anche il segretario generale della Cgil di Bologna, Michele Bulgarelli: "Questa – le sue parole – è una vertenza simbolo, spartiacque. Una vertenza che rappresenta anche l’identità stessa della nostra città. Che se accetta le chiusure delle aziende rischia di diventare città della rendita e delle diseguaglianze, mentre invece Bologna è la città della contrattazione. Qui ci sono le competenze, c’è un territorio, c’è un sistema di avanzate relazioni industriali".
Sulla scia di Bulgarelli, ha parlato anche il segretario della Uil Emilia-Romagna, Marcello Borghetti: "Quello della Marelli – dice – è uno di quei casi dove si sta attaccando violentemente la dignità dei lavoratori. La politica non è ora che si svegli invece di subire le scelte di questo capitalismo? La politica deve ricostruire una società dove la transizione energetica non diventi un taglio dei posti di lavoro. Siamo di fronte a un sistema finanziario cinico, che non guarda in faccia alle persone, senza nessun tratto umano. Ci stiamo dimenticando che la società è fatta per redistribuire benessere". Intanto, i lavoratori della Marelli rientreranno lunedì a lavoro, senza però far uscire le linee di produzione dallo stabilimento e, contemporaneamente, continuando il presidio giorno e notte. Perché la lotta, anche se dura, ha dato già i primi, seppur piccoli, risultati.