VALERIO BARONCINI
Cronaca

Lucia Musti: "Emilia ricca e seria. Ma occhio alle mafie imprenditoriali"

La magistrata ora alla procura di Gela: era a Bologna e Modena dal 1989. "Alcuni industriali, colletti bianchi e amministratori hanno fatto affari La scorta? Non ho mai avuto paura. Faccio solo il mio dovere"

Lucia Musti si insedia nell Procura di Gela. Ha lasciato la Procura generale a Bologna

Bologna, 5 agosto 2023 – Corsi e ricorsi della vita: quando nell’ottobre del 1989 – i giorni del nuovo codice di procedura penale – la magistrata Lucia Musti prese servizio nella procura circondariale di Bologna, il procuratore era Francesco Pintor, al quale è oggi dedicata la sala riunioni della procura generale. La stessa procura che Musti ha retto da facente funzione per diciannove mesi e che in questi giorni ha lasciato per un incarico sfidante a Gela, dove sarà reggente. Non è un caso che Musti si sia già occupata di mafia: in Direzione distrettuale antimafia dal 2003 al 2009 si occupò della ’ndrina di Crotone, del clan dei Casalesi (sgominato) e del suicidio Pastoia nel carcere di Modena, tornando poi a occuparsi dei maxi processi Aemilia e Grimilde dal 2019. Impegno che le è costato minacce, ripetute, e pure la scorta.

Dottoressa Musti, ha mai avuto paura?

"Mai. Ho avuto disagio quando mia figlia era piccola. Ma negli ultimi tempi no, c’è solo la consapevolezza del proprio lavoro, di fare il proprio dovere. Solo questo".

Da Bologna a Gela, terra di mafia. Anzi mafie: Stidda, Cosa Nostra e la famiglia Alferi...

"E’ un territorio complesso, con illegalità diffusa a vari livelli. Ma i reati di criminalità mafiosa sono di competenza della Dda di Caltanissetta, con cui Gel fa da ponte".

Caltanissetta con cui avete lavorato sul caso Paolo Bellini.

"La misura cautelare è stata frutto del coordinamento investigativo della procura generale di Bologna con le Dda di Firenze e Caltanissetta, che ora ritrovo".

Dopo tanti anni lascia il territorio dell’Emilia-Romagna: cosa le ha lasciato?

"E’ un luogo ricco in tutti i sensi, sotto il profilo della produttività economica e perché abitato da una popolazione straordinaria nella quale mi rispecchio per serietà, per l’impegno che viene posto sul lavoro e anche per i valori. Ma devo essere coerente come sono sempre".

Cioè?

"I cittadini in Emilia-Romagna hanno grande fiducia nelle istituzioni, ciononostante come ho avuto modo di dire durante due inaugurazioni dell’anno giudiziario (2022 e 2023, ndr), richiamando sentenze passate in giudicato, l’Emilia-Romagna è stata ed è terreno fertile per le mafie imprenditoriali. Abbiamo registrato che taluni cittadini (industriali, colletti bianchi, amministratori locali) hanno fatto affari con le mafie ovvero si sono resi disponibili a favorirle".

Lei ha seguito grandi inchieste nella sua carriera. Ad esempio l’Uno Bianca, era l’unica donna del pool con Giovannini, Spinosa, Giovagnoli e Serpi.

"Dal campo nomadi di Santa Caterina di Quarto al caso di Primo Zecchi e dell’armeria di via Volturno...".

E poi i bambini di Satana, processo risolto però con l’assoluzione degli imputati.

"Era il primo processo celebrato al satanismo. era molto presto per parlare di certi argomenti, una materia difficile per tutti i soggetti del processo, arrivammo a studiare letteratura scientifica americana sul tema. Le sentenze si rispettano, massimo rispetto non solo per le vittime, ma anche per gli imputati".

Come si riesce dunque a ’gestire’ il ruolo di pubblico ministero?

"Si esercita l’azione penale quando sussistono i requisiti di legge. Ma questa azione va contemperata con i criteri di priorità all’interno delle Procure, con i tempi del giusto processo e ora anche con i nuovi criteri che la legge Cartabia impartisce agli uffici. Il pm deve chiedere l’archiviazione in caso di prognosi nefasta di vittoria del processo. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui non ho vissuto come una sconfitta l’assoluzione del processo. Abbiamo sempre solo fatto il nostro lavoro e il nostro dovere".