Luca Dondi
Dall’Orologio*
Lo studioso ha osservato che se due persone si devono incontrare, senza aver avuto modo di concordare né luogo né ora dell’incontro, tendono a far convergere le proprie scelte su un punto che egli definisce ’focale’.
Esso dipende dall’analogia, dalla simmetria, da occasioni precedentemente vissute, da considerazioni estetiche o anche da fattori casuali, che ne garantiscano comunque l’unicità. Ai nostri fini, tale teoria si rivela particolarmente utile per comprendere i motivi di fondo del radicamento dei mercati illeciti in alcune zone della nostra città, quali piazza Verdi, la Montagnola, la zona della Stazione e la Bolognina.
Tali mercati, non essendo per intrinseca natura pubblicizzabili, oppongono automaticamente fortissime resistenze a qualsiasi tentativo di benché minima dislocazione e di scarsa efficacia risultano provvedimenti non continuativi di presidio da parte delle forze dell’ordine o le sanzioni amministrative previste in caso di mancato rispetto degli orari di vendita di alcolici e simili.
Di fronte all’imponenza dei fenomeni e, soprattutto, alla consistenza degli interessi economici che li sostengono, il piano d’intervento richiede necessariamente elaborazioni più articolate ed un diverso impegno operativo.
A conclusioni analoghe è possibile giungere anche con riferimento al tema della ‘movida’, fastidiosamente incistata in alcune zone del centro storico, sinistramente prossime ai mercati illeciti succitati. In questo caso, la prevalente connotazione dell’utenza chiama in causa un partner storico della città, ovvero l’Università.
Senza bisogno di richiamare la straordinaria importanza dell’Ateneo nelle dinamiche economiche locali e nell’attrattività di Bologna in ambito internazionale, non appare più procrastinabile una riflessione critica su una convivenza un tempo virtuosa – quando gli studenti erano la principale ’droga’ del mercato immobiliare locale – ora invece problematica, se non addirittura conflittuale.
Per quanto possa apparire una provocazione, viene pragmaticamente da chiedersi se non valga la pena cercare di spostare la domanda, anziché cimentarsi in velleitari tentativi di dislocazione dell’offerta.
La via urbanistica nella lotta al degrado è sicuramente quella più lunga e tortuosa, ma è l’unica che non assomiglia ad un vicolo cieco. Trasformare la minaccia in opportunità è quello che si chiede a leadership decisioniste che hanno davanti a sé il respiro di un lungo mandato.
*Amministratore delegato
di Nomisma