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Luca De Nigris, 25 anni dopo. "Nostro figlio sempre con noi, dal dolore è nata una gemma"

A Bologna il ricordo del papà del sedicenne morto l’8 gennaio 1998 dopo otto mesi di coma. "I suoi sogni spezzati fanno ancora male. Ma la Casa dei risvegli ha aiutato tante famiglie"

Fulvio De Nigris, papà di Luca

Bologna, 8 gennaio 2023 Non sempre il tempo guarisce le ferite. Per Fulvio De Nigris, la morte del figlio Luca – scomparso l’8 gennaio di 25 anni fa, a 16 anni, dopo una coma di otto mesi – "è sempre una ferita aperta". Un dolore che però, afferma Fulvio, certo di interpretare anche il pensiero di Maria Vaccari, mamma di Luca, "è rimasto incastonato dentro di noi come un bene prezioso. Come una gemma che ci accompagna in tutto ciò che facciamo".

Da questa gemma è germogliato il progetto della Casa dei Risvegli, un centro innovativo di riabilitazione e di ricerca – oggi unità ospedaliera ad alta specializzazione neuroriabilitativa della Azienda USL di Bologna – in cui dal 2004 sono passate oltre 500 persone con esiti di grave cerebro-lesione acquisita.

De Nigris, venticinque anni dopo...

"Rimane il dolore per la mancanza di una presenza fisica che non si recupererà più. Ma Luca ci accompagna. So che può sembrare retorico, ma noi viviamo anche guidati da lui. Le cose che lui non ha potuto fare cerchiamo di viverle. Facciamo cose per lui".

Ci sono momenti in cui si vorrebbe dimenticare il dolore vissuto?

"No. E dico che non sarebbe giusto. Una persona non muore finché qualcuno si ricorda di lui. E Luca vive nel ricordo, non solo di noi genitori. Ma è bello anche incontrare tanti che lo hanno conosciuto e che rafforzano quel ricordo. Penso, per esempio, a don Domenico Cambareri".

Il sacerdote che celebra la messa in ricordo di Luca?

"È stato un compagno di scuola di Luca, al Minghetti. Gli portava lo zaino su per le scale, perché Luca aveva problemi alla schiena. Vedere Domenico è come vedere Luca. Un Luca che è cresciuto, che si è affermato, che ha realizzato i suoi sogni".

Che sogni aveva Luca?

"Era un ragazzo che sarebbe voluto diventare giornalista, critico cinematografico o disegnatore di fumetti. Quando muore un figlio, si pensa al dolore dei genitori. Ma non a quello che ha perso lui, ai tanti progetti che non potrà realizzare. Ecco, questo ti fa stare male".

Come nasce l’iniziativa ‘Un fiore per Luca’?

"La gerbera che regaliamo oggi a chi va al cimitero a trovare i propri cari vuole essere un gesto di speranza. È un fiore da mettere su una tomba, che Luca dà, come fosse un testimone che si passa. In fondo, siamo un dono di qualcuno per qualcuno".

Come nasce l’idea della Casa dei Risvegli?

"Quando Luca andò in coma cercammo soluzioni e assistenza che in Italia non si trovavano. Andammo all’estero, in Austria. Lanciammo una raccolta fondi e arrivammo a 130 milioni di lire".

Poi?

"Dopo la morte di Luca, a noi rimanevano circa 100 milioni di lire. Avremmo potuto destinarli a un caso simile al nostro. Invece, rilanciammo. Ci dicemmo: perché non creare una struttura dove potere curare il coma?".

A chi vi rivolgeste?

"Avemmo subito una grande risposta dal Comune di Bologna e dall’Ausl. Ripartì la raccolta fondi da destinare al progetto. Nacque l’associazione ‘Gli amici di Luca’, che nel luglio 1999 stipulò una convenzione con l’Ausl di Bologna impegnandosi a progettare la costruzione di una nuova struttura riabilitativa per persone in stato vegetativo o post-vegetativo in fase post-acuta e per le loro famiglie. Oggi la ‘Casa dei Risvegli Luca De Nigris’ è entrata nell’Irccs, Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna".

Quale la novità della struttura?

"È composta da dieci moduli abitativi dove l’ospite può restare con un proprio caro, e le famiglie partecipano al percorso di cura e riabilitativo. È una formula nuova, un ‘ospedale della famiglia’".

Che rapporto c’è con i malati e le loro famiglie?

"Luca è nello sguardo di queste persone, nei loro desideri, nelle loro speranze, in quello che per lui e andato perduto ma ancora possibile recuperare per chi ogni giorno vive la lunga difficile battaglia per la ripresa della vita. Noi siamo convinti di questo e del ruolo, nostro come di tanti, di ‘familiari esperti’ che sostengono nella forza propulsiva dei tanti volontari e nell’impegno degli operatori sanitari e non nella ‘Casa dei Risvegli’ dell’Ausl di Bologna. La vicenda di Luca insegna anche questo: che il dolore non è mai chiuso in se stesso, che l’emotività e l’umanità non è mai isolata. Ma che è possibile farla interagire con professionalità diverse in una forma di alleanza terapeutica che nei rispettivi ruoli rafforza l‘obiettivo comune".