I primi corpi restituiti dall’acqua sono stati quelli di Adriano Scandellari e Paolo Casiraghi. Poi, in serata, i sommozzatori hanno recuperato anche quello di Alessandro D’Andrea. I primi due lavoratori erano nella stessa zona del nono piano interrato, incastrati parzialmente sotto le macerie. Nella stessa posizione del loro ultimo respiro. Uno le mani a proteggere gli occhi. L’altro la bocca. Uno era ferito alla testa e alla schiena. Per i sommozzatori, che ne hanno recuperato i poveri resti, la morte li ha sorpresi in un estremo tentativo di fuga, travolti dal solaio precipitato dopo l’esplosione della turbina.
Le notizie in diretta dell’11 aprile
Erano le 11 del mattino quando è stato estratto il corpo di Scandellari. I famigliari erano lì, nella tensostruttura allestita alla centrale Enel di Bargi, nel bacino di Suviana. E sono stati supportati, in questo momento così doloroso, dagli psicologi chiamati proprio per dare loro un aiuto. Poco dopo, è arrivata la notizia che anche un secondo corpo era stato recuperato. Era quello del cinquantanovenne milanese, dipendente della società Abb. Entrambi i corpi erano a tre metri di profondità.
"Li abbiamo trovati nella zona in cui avevamo ipotizzato potessero essere", ha spiegato il comandante dei vigili del fuoco Calogero Turturici. Le ricerche, da martedì quando è avvenuta la tragedia, non si sono mai interrotte. Le idrovore pompano continuamente via dalle vasche l’acqua intrisa di olio e polvere e, benché il livello non scenda a causa di infiltrazioni che continuano a portarla all’interno del sito, adesso la visibilità, per gli operatori, è migliorata. "Arriviamo a vedere a circa un metro e mezzo, l’acqua è più limpida – ha detto ancora Turturici –. Questo ci fa sperare".
Alessandro D’Andrea, 37 anni, di Pontedera, era nell’altra ala ispezionata dai vigili del fuoco. Il suo corpo è stato estratto intorno alle 20. Circa duecento gli operatori impegnati, tra vigili del fuoco, carabinieri, finanzieri, poliziotti e personale della Protezione civile.
Ieri, a Suviana, accompagnato dal prefetto Attilio Visconti è arrivato anche il capo nazionale Fabrizio Curcio. Con loro c’erano il vice ministro Galeazzo Bignami e il senatore Pierferdinando Casini. "Il primo pensiero è per le vittime e per i loro famigliari", le parole di Curcio. Che ha riassunto il doppio binario su cui si articolano queste complesse e delicate operazioni.
Da un lato c’è l’organizzazione. Necessaria visto lo scenario in cui i sommozzatori operano: "È come lavorare in un palazzo crollato sott’acqua", ha riassunto il direttore della Protezione civile Luigi D’Angelo. Un’acqua intrisa di idrocarburi, dove per immergersi sono necessarie attrezzature e protezioni speciali. L’acqua che viene man mano pompata via, ovviamente, non viene immessa nel lago, ma trasportata con autobotti, in un continuo va e vieni da Suviana, in centri di smaltimento specializzati.
Conclusa la parte organizzativa, il compito passa ai sommozzatori. Che, una volta sotto, trasportati con una gabbia, arrivano ad immergersi fino a nove metri di profondità. E lì restano anche per un’ora, a cercare, usando le mani come occhi. Questo loro lavoro proseguirà ancora, fino al ritrovamento di tutti i dispersi. E se non sarà possibile rintracciare Vincenzo così, l’ipotesi è quella di svuotare completamente il sito. Ci vorranno giorni, o forse settimane. Ma anche lui sarà restituito alla sua famiglia.