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Long Covid, senza gusto e olfatto: "Una ricerca per scoprirne le cause"

Francesca Bisulli, neurologa dell’Irccs Istituto delle scienze neurologiche , ha avviato lo studio. Conclusa la raccolta dei dati, i risultati preliminari saranno resi noti entro la fine di marzo

Long Covid, la neurologa Francesca Bisulli

Long Covid, la neurologa Francesca Bisulli

Bologna, 14 febbraio 2022 - Il Long Covid può azzerare l’olfatto e il gusto, disturbi che a volte si prolungano nel tempo. Sono molti i guariti che segnalano difficoltà e adesso le speranze sono concentrate sugli studi dei ricercatori.

Professoressa Francesca Bisulli, è normale non sentire odori e sapori anche dopo un anno dalla guarigione? "Sì, l’alterazione di olfatto e gusto è un disturbo molto comune, rilevato in circa la metà degli oltre 130 pazienti seguiti nell’ambulatorio per i disturbi neurologici post Covid", risponde la neurologa e ricercatrice del Programma epilessia dell’Irccs Istituto delle scienze neurologiche di Bologna.

Per quanto si protraggono i disturbi? "L’assenza completa di olfatto, anosmia, di solito non va oltre i 13-14 mesi, ma a volte può rimanere una ridotta percezione dell’olfatto, chiamata iposmia, che persiste anche dopo 18-20 mesi. Alcune persone riferiscono pure la percezione distorta degli odori, parosmia: per esempio, al posto dell’aroma del caffè sentono puzza di bruciato".

Quali sono le cause? "È l’oggetto della nostra ricerca, non siamo ancora in grado di dare una risposta univoca, lo studio si pone l’obiettivo di capire perché questo avviene. Alcuni ricercatori ritengono che questo disturbo sia la conseguenza di un danno del nervo olfattivo, i cui recettori si trovano nelle cavità nasali. Anche l’influenza e il raffreddore si associano spesso alla perdita di olfatto, che però è transitoria".

Perché, dopo essere guariti dal Covid, non avviene lo stesso? "Un’altra ipotesi, quella che stiamo verificando con il nostro studio, è che l’anosmia sia la conseguenza di una disfunzione persistente delle aree del cervello che normalmente riconoscono ed elaborano odori e sapori".

Quindi queste aree sono state danneggiate dal virus? "No, dai nostri dati preliminari possiamo dire che la Risonanza convenzionale non mostra lesioni del cervello nei pazienti con disturbo dell’olfatto persistente. Inoltre, la presenza del virus Sars-CoV-2 nelle cellule cerebrali è così rara e limitata da non poter spiegare i milioni di pazienti che hanno manifestato questi sintomi nel mondo".

E allora che cosa c’è che non va? "È quello che stiamo cercando di capire con il nostro studio".

Come si svolge la ricerca? "Abbiamo messo a confronto due gruppi di persone: venti guariti dal Covid con perdita dell’olfatto persistente e un gruppo di controllo senza disturbi dell’olfatto. Ciascun paziente è stato sottoposto a un test per l’olfatto che il professor Rocco Liguori, direttore della clinica neurologica dell’Irccs, stava già utilizzando per lo studio di un’altra malattia neurologica. Il test consiste in varie prove che verificano la capacità di distinguere odori differenti tra loro e di riconoscere odori comuni di vario tipo, dalla cannella al cuoio. Scopriamo, per esempio, che alcuni non riescono a riconoscere aromi intensi quali quello del caffè o della menta o non si accorgono minimamente di odori che risulterebbero sgradevoli per tutti".

C’è una seconda fase? "Sì – risponde la docente del Dipartimento di scienze biomediche e neuromotorie dell’Alma Mater –. Dopo i test, tutti i partecipanti eseguono una risonanza magnetica funzionale, tecnica di imaging avanzato che ci permette di studiare non solo la struttura, ma anche la funzione e le connessioni della varie regioni del cervello coinvolte nella percezione di odori e sapori".

Tra quanto conosceremo i risultati? "L’arruolamento e la raccolta dei dati sono conclusi: i risultati verranno elaborati e interpretati da un team di neurologi, neuroradiologi e neuropsicologi coordinato dalla professoressa Caterina Tonon, responsabile del Programma di neuroimmagini funzionali e molecolari dell’Irccs. I dati raccolti sono tanti, ma credo che per la fine di marzo potremmo avere qualche dato preliminare".

Come si accede al vostro ambulatorio? "Prenotando attraverso il Cup con l’impegnativa del proprio medico curante. È stato istituito nel 2020 dal professor Pietro Cortelli, direttore operativo dell’Irccs: finora le visite sono state oltre 300. Collaborano all’attività anche i dottorandi Lorenzo Muccioli e Lorenzi Ferri".

Quali sono le terapie proposte? "Sono individualizzate sulla base del disturbo che il paziente presenta e delle sue comorbidità. Per la perdita dell’olfatto, esistono alcuni integratori in grado di aiutare il recupero della funzionalità olfattiva, nonostante le evidenze scientifiche a supporto della loro efficacia siano solo preliminari".