di Rosalba Carbutti
Il Terzo Polo sorride e porta a Palazzo Madama probabilmente uno dei senatori più giovani d’Italia. Si tratta del segretario provinciale di Azione, Marco Lombardo, 41 anni, ex assessore dem al Lavoro, eletto a Milano nel listino proporzionale.
La sua corsa in città, all’uninominale del Senato è stata fermata da Pier Ferdinando Casini, ma contro il neo senatore, Vittorio Sgarbi e il grillino Fabio Selleri ha comunque portato a casa un buon risultato sotto le Due Torri. Con lui, fanno le valigie per Roma, anche il capolista al proporzionale Matteo Richetti e l’imprenditrice Naike Gruppioni eletti deputati, mentre Lisa Noja (deputata uscente di Italia Viva) è molto probabile al Senato.
Lombardo, da neo senatore e segretario locale di Azione, qual è il bilancio?
"Ottimo. Il merito è di tutti i candidati, eletti e non, che hanno dato il massimo. Il risultato è più che incoraggiante: il nostro partito non esisteva fino a un mese fa, si è presentato e nell’area metropolitana ha conquistato il 9,6 per cento, mentre in città ha raggiunto quota 11 per cento, diventando il terzo partito in città (dati del Senato, ndr). Questo significa che la nostra proposta è stata considerata credibile e solida dai bolognesi e dagli emiliano- romagnoli".
Il Terzo Polo ha rubato voti al Pd, come qualche dem accusa?
"Aspettiamo i flussi elettorali, ma credo che qualcosa abbiamo preso da entrambe le coalizioni. Il successo del Terzo Polo, deriva dal fatto che intercetta il voto riformista del centrosinistra che, a oggi, fa fatica a riconoscersi nei partiti finora in campo. Ma penso che abbiamo intercettato anche un voto più liberale, moderato, cattolico, di centrodestra. Se guardiamo a Forza Italia, a Bologna si sono fermati al 3 per cento...".
Soddisfatto del risultato locale? E di quello nazionale sotto l’8 per cento?
"Per quanto riguarda Bologna ho sempre pensato che avremmo raggiunto la doppia cifra, ma non credevo di portare a Roma tre o quattro eletti... Per quanto riguarda il livello nazionale, Calenda alza sempre l’asticella. Lui è fatto così. Ma credo che conquistare poco meno dell’8 per cento, arrivando praticamente a pareggiare con Forza Italia e la Lega, la dice lunga sulle prospettive di crescita del nostro partito. Da domani siamo già al lavoro per aprire le porte ai riformisti".
Nel Pd, intanto, si apre la stagione del congresso. E Stefano Bonaccini resta tra i papabili. Con lui sarebbe più facile un’alleanza?
"Una premessa: il Pd di Letta ha giocato tutta la campagna elettorale sul voto utile come se esistesse il campo largo. Peccato che il campo largo non ci fosse più. Il vero problema è che i dem – come spesso accade – hanno scambiato queste elezioni con un congresso anticipato. Ora sono a un bivio: spostarsi molto a sinistra pensando a un’alleanza col M5s, o riaprire il dialogo coi riformisti. È chiaro che se in corsa ci fosse Bonaccini io, Calenda e Renzi non avremmo alcun problema a sederci al tavolo. Ma il Pd non può restare nel limbo di un’identità irrisolta".
Prima delle possibili alleanze coi dem, sbarcherà al Senato. Quale sarà la sua priorità?
"Lavoro, lavoro, lavoro".