REDAZIONE BOLOGNA

Lo sciopero sull’Elisir. La prima è a rischio

Teatro Comunale, la Fials ha annunciato la mobilitazione stasera. L’opera di Donizetti fino al 30, il direttore Ceretta si racconta.

Lo spettro dello sciopero incombe sull’Elisir d’amore. Dopo la tournée in Giappone riparte con un grosso punto interrogativo la stagione, ormai agli sgoccioli, del Teatro Comunale che per la prima dell’opera di Gaetano Donizetti deve fare i conti, stasera, con la mobilitazione annunciata dal sindacato Fials dei lavoratori del Teatro. "La decisione – si legge in una nota – è stata presa in seguito all’esito negativo della riunione con l’Anfols (Associazione nazionale fondazioni lirico-sinfoniche)". E se Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, a seguito proprio dell’incontro che ha portato alla riapertura del contratto nazionale bloccato da anni, avevano ritirato gli scioperi iniziati ormai settimane fa in tutta Italia, dalla Fials chiedono "di rafforzare quanto proposto", ricordando il precedente dell’anno scorso, quando saltò La traviata. In attesa di capire in quanti aderiranno stasera– soprattutto in orchestra – dal Comunale fanno sapere di essere impegnati a garantire lo spettacolo. L’elisir è fra i titoli più frequentati nelle recenti stagioni del Comunale, l’unica opera che riuscì a vedere le scene a Bologna nell’estate della pandemia al PalaDozza. Ed eccola al Nouveau con repliche fino al 30 novembre (in caso di sciopero, la prima slitterà domani alle 18) in una produzione coloratissima a firma di Victor García Sierra, nata a Busseto nel 2014 e ispirata al ciclo pittorico Il circo di Fernando Botero.

In scena si alternano, nei due cast, giovani talenti e artisti di lunga carriera: nella prima compagnia Karen Gardeazabal (Adina), Juan Francisco Gatell (Nemorino), Andrea Vincenzo Bonsignore (Belcore), Marco Filippo Romano (Dulcamara). Sul podio, il direttore milanese su cui sono al momento puntati gli occhi degli addetti ai lavori: il giovanissimo Diego Ceretta, direttore principale dell’ORT - Orchestra della Toscana. "Mi sono formato completamente a Milano", ci dice con orgoglio. "A 4 anni ho preso in mano il violino e il mio sogno era di lavorare col papà, primo fagotto nell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Ho poi pensato che per essere un buon primo violino, la cosiddetta ‘spalla’ del direttore d’orchestra, sarebbe stato utile che studiassi anch’io un po’ di direzione, e quasi senza accorgermene a 19 anni mi sono trovato sul podio. Poi tutto è venuto con naturalezza, senza fretta. Di fatto, dirigo a tempo pieno da appena 2 anni. E ne ho ormai 27!".

Questo Elisir? "Certamente vi sono altri repertori in cui il direttore riesce a dare maggiormente la sua impronta. Credo tuttavia che, avendo una visione chiara dell’opera, anche qui la mano del direttore si riesce a far sentire. È come dirigere una sinfonia di Mozart rispetto a una di Mahler: tutto è ‘scoperto’ e ogni minima incertezza rischia di risaltare in piena evidenza rispetto a dove regna l’amalgama sonoro. Questa è la ripresa di una produzione che vive ormai da molti anni sulle scene e devo dunque adattarmi ad alcune scelte prese a suo tempo da altri; ma fin dove ho potuto ho cercato di limitare i tagli di tradizione, ripristinando il bilanciamento interno delle forme donizettiane". Sogni per il futuro? "Penso a quando potrò dirigere partiture colossali come la Nona Sinfonia di Bruckner e quella di Mahler, nella mia piena maturità. Per l’opera ambisco all’ultimo Verdi, con i suoi capisaldi Otello, Falstaff, Simon Boccanegra. E un giorno, chissà, anche il Ring di Wagner".

Marco Beghelli