PIERFRANCESCO PACODA
Cronaca

"L’italo disco? È nato in Conservatorio"

Il produttore Mauro Malavasi racconta la lunga amicizia con Jimmy Villotti, di cui ora cura una raccolta con inediti e un duetto con Dalla

"L’italo disco? È nato in Conservatorio"

Il produttore Mauro Malavasi racconta la lunga amicizia con Jimmy Villotti, di cui ora cura una raccolta con inediti e un duetto con Dalla

Negli Anni ’70 Bologna è stata il cuore di una trasformazione culturale che ha attraversato la produzione musicale nazionale (e anche internazionale), avendo come centro un luogo abitualmente votato alla formazione classica, il Conservatorio. Protagonista di questo cambiamento è stato un gruppo di allora giovanissimi allievi che diventeranno la generazione più creativa di arrangiatori e produttori nella storia recente della canzone nazionale. In questo clima effervescente nasce l’amicizia tra Jimmy Villotti e Mauro Malavasi, il produttore che, dopo aver contribuito al successo di, tra i tanti, Lucio Dalla e Andrea Bocelli, ha curato adesso il disco postumo dedicato al chitarrista scomparso. L’album, il titolo è proprio ’Jimmy Villotti’, comprende anche brani inediti e un duetto con Dalla per la canzone ’Amare’.

Malavasi, in che occasione conobbe Villotti?

"Il merito è del Conservatorio di Bologna che, allora, con una decisione all’avanguardia e fuori dai canoni, istituisce una cattedra di Musica d’Uso, che rivolgeva lo sguardo al di là della classica, verso quei linguaggi sonori di utilizzo, ‘uso’, appunto, quotidiano. Tra gli obiettivi della classe c’era quella di creare un gruppo innovativo, che suonasse musica da ballo, partendo dal jazz e andando verso il funky. In Conservatorio non si era mai visto nulla di simile e arrivò questo musicista poco più che bambino che ci incantò con il suo virtuosismo alla chitarra. Era Jimmy Villotti, già straordinario, visionario, un talento unico. Lo prendemmo subito con noi. E da allora, sino alla sua scomparsa, non ci siamo mai più separati".

Quella cattedra è stata determinante sia per la carriera di Villotti che per la sua.

"Certo. Perché ci permise di coltivare la passione e l’interesse per musiche che non sarebbero mai entrate nelle aule di un Conservatorio. Penso a Stevie Wonder... Noi volevamo fare musica per il ballo, per far incontrare le persone, farle socializzare. E la figura di Jimmy era perfetta. Era un artista che univa una tecnica eccelsa al gusto per dell’intrattenimento".

Lei, grazie a quelle aule, inventò la ’italo disco’.

"Sembra incredibile che un’istituzione così austera sia stata alla base di quella che adesso viene definita italo disco. Tutti noi avevamo un profondo amore per il ballo, le balere, per mantenerci suonavamo nelle orchestre, ore e ore, e bisognava far muovere il pubblico. La italo disco ne fu la conseguenza, la nostra via verso il funky, i suoi ritmi, che unimmo all’utilizzo delle prime tecnologie elettroniche".

Villotti grande jazzista al servizio di nomi importanti, ma non solo.

"L’obiettivo che mi sono posto con la realizzazione di questo disco è di svelare un Villotti poco noto, quello di autore e di interprete originale e raffinatissimo di canzoni. Jimmy non era solo un ottimo chitarrista, era un cantautore e con l’album ho voluto valorizzare proprio questo aspetto. Scriveva tantissimo, e sono certo che nel futuro immediato troveremo altri suoi brani inediti, forse non finiti, forse da completare. Sicuramente il lavoro su di lui continua".

Una figura, quella di Villotti, che conferma il ruolo centrale che Bologna aveva nella scena musicale italiana. È ancora così?

"La città è sempre molto vivace, ci sono tanti giovani che rappresentano il futuro della musica e che vivono e lavorano qui. Proprio alla loro crescita culturale ho deciso adesso di dedicarmi. Sono fermamente convinto che ci sia spazio per quella che io definisco una ‘umanità analogica’, un’ idea della musica lontana dall’ossessione delle mode. La stessa umanità che aveva Jimmy Villotti e che ritrovo in molti ragazzi che si avvicinano adesso alla composizione".