
di Nicoletta Barberini Mengoli
Giorgio de Chirico: il padre della pittura metafisica. Così tutti lo conoscono e lo riconoscono nelle sue opere tra le più significative del nostro ‘900. Nonostante si sia scritto tanto su di lui, vi sono però dei punti ancora bui nella sua carriera artistica. La mostra ’de Chirico e l’oltre. Dalla stagione Barocca alla Neometafisica (1938–1978)’ allestita a palazzo Pallavicini (via San Felice 24) da domani , offre la possibilità di scoprire ed approfondire alcune tematiche importanti.
Curata dalle storiche dell’arte Elena Pontiggia e Francesca Bogliolo, autrici anche del catalogo, l’esposizione conta circa 70 opere, quasi tutte ad olio, provenienti dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico di Roma, il cui presidente, Paolo Picozza, ha collaborato in prima persona alla realizzazione della mostra.
Un’esposizione che ha come intento quello di mettere in evidenza le opere migliori dell’artista, che purtroppo sono anche quelle più attaccate dalla critica del tempo. Critica che ha compreso tardi la genialità artistica di de Chirico, in quanto la sua pittura, nascendo dalla reazione alle esperienze cubiste e futuriste, si poneva come arte nuova per i primi 50 anni del ‘900. Ammirare perciò questi bellissimi oli uno vicino all’altro, favoriti da un efficace allestimento e dalla bellezza della location del quattrocentesco palazzo Pallavicini, permette di apprezzare al meglio le due stagioni, quella ’barocca’ dal 1938 al ‘68, e quella ’neometafisica’ dal ‘68 al ‘78, anno della sua morte.
Fu soprannominato ’pictor optimus’ per la sua tecnica cristallina applicata soprattutto ai quadri – più che famosi –che hanno come soggetto i manichini, dimostrando come proprio la prospettiva sia in grado di rivelarne, sulla linea di Nietzsche, l’anima, il linguaggio e la psicologia. Il percorso espositivo vede nella prima parte gli Autoritratti, con anche il suo nudo del 1945 che suscitò molto scalpore, che si ispirano in generale ai grandi maestri del calibro di Delacroix e Dürer. Sono opere non realiste, ma che vogliono creare un mondo ideale e irreale, una finzione più vera del vero. "L’oltre presente nel titolo – precisa Francesca Bogliolo – vuole comprendere un’ammirazione per il silenzio, come in un’attesa che succeda qualcosa, tipo una realtà irreale che sarà sublimata dalla pittura".
Le opere ’barocche’ della seconda parte della mostra, oltre a riconoscersi per la fluida pastosità dei colori (si dice acquistati in una mesticheria bolognese), offrono una visione di nature morte che ricordano quelle fiamminghe, figure della moglie Isa e gli immancabili cavalli che fanno parte della sua tipica produzione. "Nell’ultima, cioè la terza sezione – sottolinea Elena Pontiggia – dedicata al periodo neometafisico, come sostenne per primo il critico bolognese Renato Barilli, le opere esposte non sono da considerare quadri in repliche, bensì frutto della rinascita degli anni ‘70 dove non c’è più il senso dell’inutilità dell’essere, come nelle pitture del 1910, ma più ironia e leggerezza". E se l’arte di De Chirico è fusione tra irrealtà, tradizione classica, mistero e silenzio, il messaggio ultimo del Maestro è quello di mettere in risalto un flusso di immagini propositive. La mostra è aperta fino al 12 marzo dal giovedì alla domenica dalle 11 alle 20.