GABRIELE MIGNARDI
Cronaca

Leishmaniosi, scoperti tre nuovi casi nel Bolognese

Valsamoggia e Zola, infettati due uomini e una donna. L’Ausl avvia uno studio lungo il Savena

Laboratorio di analisi mediche (foto d'archivio Pressphoto)

Laboratorio di analisi mediche (foto d'archivio Pressphoto)

Bologna, 1 maggio 2019 - Tre casi di trasmissione umana, due in Valsamoggia e uno a Zola, poi un’indagine-campione nel ‘focolaio’ lungo il Savena, tra San Lazzaro e Pianoro. La leishmaniosi continua a colpire nel bolognese, tanto che l’Azienda Usl ha deciso di dare il via a uno studio approfondito per capire meglio le modalità di diffusione della patologia diffusa tra i cani ma che si può trasmettere dall’animale all’uomo attraverso la puntura dei pappataci, minuscoli insetti più piccoli delle zanzare che col contatto del pungiglione insanguinato diffondono il contagio delle leishmanie da un organismo all’altro.

Ed è quello che è successo alle tre persone (una sessantenne di Castello di Serravalle, un cinquantenne di Monteveglio ed un uomo residente a Zola) alle quali tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 è stata diagnosticata e curata con esiti positivi la forma viscerale (nei due casi di Valsamoggia) e cutanea (il caso di Zola) della dolorosa e pericolosa patologia che si trasmette da cane a cane, e da cane a uomo, attraverso l’azione di un insetto notturno, il pappatacio che colpisce dal tramonto all’alba. È quindi di notte che questo insetto infetto trasmette i suoi parassiti ai mammiferi prediligendo i cani, che punge di solito sul naso. La malattia, negli uomini, ha un’incubazione di diversi mesi prima di manifestarsi con sintomi come il mal di testa, febbre altissima e tremore.

Lo scorso anno, di questi tempi, nel territorio metropolitano di Bologna si erano già registrate quindici diagnosi di Leishmaniosi viscerale. Per l’esattezza sette casi in città, due a Imola, e poi un singolo caso a Valsamoggia, Monte San Pietro, San Giovanni Persiceto, San Lazzaro, Pianoro e Monzuno. Erano stati dodici i casi diagnosticati in tutto il 2017 (quando si contarono anche due morti, residenti a Bologna ma con intensa frequentazione della zona collinare di San Lazzaro) e furono 14 nell’anno più difficile della storia recente di questa malattia, il 2013, quando si verificò un morto (un altro nel 2015, sempre in Valsamoggia). Una successione di contagi che ha indotto l’azienda Usl di Bologna a dare il via ad uno studio che ha l’obiettivo di accrescere le conoscenze sulle modalità di diffusione della leishmaniosi, sugli animali che potrebbero costituire una riserva di infezione e sui fattori ambientali che aumentano il rischio di contrarla.  Così il prossimo 9 maggio, alle 20.30 al centro Civico di Rastignano, si svolgerà un incontro pubblico per approfondire il tema e presentare obiettivi e tempi della indagine per la quale si chiede la collaborazione dei residenti.    A condurre e presentare la ricerca saranno Silvano Natalini, veterinario del Dipartimento di Sanità Pubblica, poi Renato Todeschini, medico del Dipartimento di Sanità Pubblica e Stefania Varani, medico dell’unità operativa Microbiologia dell’Università di Bologna - Policlinico Sant’Orsola.

Nelle settimane prossime gli operatori del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’AUsl invieranno un questionario conoscitivo a tutte le famiglie e le ditte di una zona ristretta (due chilometri quadrati in tutto) del territorio che si estende lungo il corso del torrente Savena dove, negli ultimi dieci anni, si sono verificati diversi casi di malattia con incidenza maggiore rispetto alle altre parti del territorio di Pianoro e di altri comuni del bolognese che manifestano storicamente una forte incidenza di focolai di malattia.

Successivamente verrà reclutato un gruppo di 150 volontari residenti in quella stessa zona, che saranno sottoposti a un semplice prelievo di sangue per esami di laboratorio al fine di valutare un eventuale contatto, negli anni precedenti, con la Leishmania e ottenere in tal modo una stima della frequenza dell’infezione umana nella zona. I risultati serviranno, spiegano all’Azienda Usl, ad adottare ogni possibile provvedimento utile a favore di tutta la popolazione di Pianoro, San Lazzaro e di altri territori del bolognese interessati dallo stesso problema.