di Federica Orlandi
Quasi tre milioni di uova che, secondo l’accusa, sono state "fraudolentemente commercializzate" perché timbrate come d’origine italiana e invece provenienti da Polonia e Spagna. È quanto emerge dalle indagini dei carabinieri coordinate dal pm Stefano Dambruoso, che hanno portato alla denuncia di tre persone, accusate (in concorso) di frode nell’esercizio del commercio e vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Si tratta di dirigenti della Nuova Coccodì srl, società cremonese che commercia appunto uova.
Andiamo con ordine. Il 14 maggio scorso i carabinieri del Nas sequestrano in un supermercato Carrefour di Valsamoggia (a Crespellano) 111 confezioni da 12 uova a guscio bianco ’San Faustino’. Dovrebbero essere italiane, invece risultano polacche. È proprio l’ufficio qualità Carrefour ad accorgersi dell’incongruenza tra origine indicata e marchiatura delle uova, e a chiedere spiegazioni al fornitore. Il quale però rassicura: data l’emergenza Covid e l’impennata di richieste di uova, stimata attorno al +35%, Nuova Coccodì era stata costretta ad approvvigionarsi anche all’estero, ma solo per i prodotti di primo prezzo (cioè i più economici) dei propri marchi, per cui nell’accordo di fornitura la prescrizione dell’origine italiana della merce non era stringente. Secondo gli accertamenti dei militari, però, così non era: per loro, Nuova Coccodì avrebbe distribuito uova straniere anche a marchio privato – per i quali invece avrebbe dovuto garantire origine 100% italiana – per un totale di 2.904.669 uova. Tutte polacche e spagnole, vendute con marchio italiano o con riferimenti all’origine locale nella confezione, senza avvertire gli acquirenti della grande distribuzione e senza domandare una loro eventuale disponibilità ad accettarle data l’emergenza in corso.
Dipendenti dell’azienda Nuova Coccodì, sentiti dai militari, hanno confermato la versione secondo la quale i prodotti stranieri erano limitati ai marchi primo prezzo che non indicavano origine italiana, e il rifornimento estero si sarebbe limitato a un paio di settimane; ma gli investigatori sostengono al contrario che alcune uova polacche, giunte senza alcun timbro in Italia, siano state "artatamente" rimaneggiate e rimarchiate come italiane in seno alla società del Cremonese.
Contattata, Nuova Coccodì non ha per il momento rilasciato dichiarazioni.