BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Le parole di Martinelli: "Spezzare le catene"

Il saluto di Capodanno dell’attore, che invita a non abituarsi ai mali di oggi "I giovani come capri espiatori, ma noi adulti siamo i bulli più pericolosi".

Marco Martinelli ha creato il Discorso d’artista di Capodanno

Marco Martinelli ha creato il Discorso d’artista di Capodanno

"Fermatevi un istante, ascoltate…. E perdonate se l’augurio ve lo faccio in forma di umile domanda, ma… Fino a quando ci comporteremo da servi sciocchi?". È iniziato così il saluto del Capodanno 2025 da parte di Marco Martinelli, il drammaturgo fondatore della compagnia Teatro delle Albe, scelto dal nostro Comune per il rito del Discorso d’artista, giunto alla terza stagione dopo aver chiamato alle parole Alessandro Bergonzoni e Mariangela Gualtieri. È un messaggio per riflettere sull’anno appena passato e su quello a cui dare il benvenuto, attraverso un testo artistico appositamente scritto, che suona un po’ come un discorso di fine e inizio anno, ma poetico, ricco di metafore. Che racconta dal punto di vista di un artista, quindi certamente trasfigurante, gli accadimenti più rilevanti e gli atteggiamenti esistenziali, sociali, civili, che ci porteremo nel nuovo anno. Riassunti con tristezza nella domanda: "Fino a quando ameremo le nostre catene più di noi stessi?", perché è una domanda che dà il titolo alla scrittura: "Fino a quando?".

Martinelli nel suo discorso – trasmesso ieri nella Sala della Cultura di Palazzo Pepoli e online sul sito del Comune – parla di guerra, di social, di voragini sociali che si allargano, di sguardo e violenza sulle donne, dell’abuso di farmaci, della Madre Terra sfinita. Ecco le pandemie che fanno parte delle nostre vite, con cui conviviamo. E parla di giovani, ribaltando certamente lo sguardo sulla gioventù che va per la maggiore: "Facciamo dei ragazzini il capro espiatorio perfetto, al fine di nascondere le nostre responsabilità – dice–. L’abbiamo organizzata noi questa società, mica il Cielo... a colpi di invidia, rivalità, competizione spietata, o sei il primo o non sei nessuno... e poi ci scandalizziamo del bullismo giovanile? Siamo noi adulti i bulli più pericolosi, armati della peggiore ipocrisia. E ci sorprendiamo delle apatie, delle depressioni, dei crolli nervosi, dei suicidi più o meno tentati, più o meno riusciti!".

E conclude con una "storiella" che parla di restare consapevoli, liberarsi delle catene, abbandonare il gregge. Racconta di un uomo che nella piazza centrale di una città corrotta, tutti i giorni saliva su una cassetta di legno per incitare se stesso e gli altri a non farsi avviluppare dall’abbrutimento. Poi magari nessuno lo ascolta. "Perché continui a venir qui ogni mattina, a gridare?" gli dice un bambino che osserva come nessuno lo ascolti. E il vecchio, sorridendo: "Perché non voglio abituarmi io".