"È la prima volta che un archivio fotografico viene spettacolarizzato" ha detto ieri Giorgio Comaschi (foto sotto), presentando ’Le foto del babbo’, progetto della Cineteca che ha il suo clou nella mostra ospitata dalla Galleria Modernissimo dal 12 dicembre, ma che già lunedì, 2 dicembre alle 20,30 sarà uno spettacolo nella sala del cinema. Per Comaschi, prima giornalista, poi attore e infine influencer, il palcoscenico è da tanti anni una seconda casa. Ma questa volta si gioca in Champions, perché la vita che porterà in scena sarà quella di suo ’babbo’ Nino Comaschi, per trent’anni – dal 1935 agli anni Settanta – fotografo del Resto del Carlino, come ‘conseguenza’ di questa mostra che già si annuncia un’immersione nel mondo fantastico di un reporter bolognese dallo sguardo ’divergente’. Dove il racconto della società diventa davvero autoriale. Di Nino Comaschi, nato nel 1907 e mancato nel 1980, quando Giorgio aveva 26 anni, il pubblico bolognese aveva già visto, sorprendendosi non poco, uno scatto molto particolare nella recente mostra ’Bologna fotografata’: si trattava di una foto di quando Hitler venne a Bologna nel 1938: lo si vede affacciato alla finestra del treno in stazione e, riflesso nel vetro sulla destra, Comaschi stesso coperto dal flash della sua macchina fotografica. Un particolare che Giorgio non aveva mai notato, come una scena madre da occhio intenditore al pari di quella in Profondo Rosso dove nello specchio davanti a Gabriele Lavia si scorge riflessa Clara Calamai e tutto prende senso, ma non immediatamente. Un gioco meraviglioso di fotografia scoperto dallo storico e curatore Giuseppe Savini, anche autore dello spettacolo che farà il bis sempre al Modernissimo il 31 dicembre. I suoi testi si ritrovano nel libro edito da Cineteca che accompagna la mostra (e sarà presentato sempre lunedì), aprendo per i visitatori una porta su una Bologna da continui stupori, testimoniata da questo fotografo che amava l’insolito più che l’ufficiale e che è passato attraverso epoche così diverse, dalle adunate oceaniche a un progressivo sgretolamento del regime ormai avviato verso la catastrofe. Poi la guerra, la liberazione, il boom. Tanto che una delle foto che impressiona è quella del cavallo con in sella Mussolini, che c’era un tempo al Dall’Ara: qui sono rimaste solo le ‘gambette’. Incontriamo in apertura Norma Bruni ’La voce di carne’ mentre esce dalla macchina mostrando le gambe (Comaschi aveva architettato ben bene la scena), poi una magnifica foto di soldati dietro alla scritta ’Il Resto del Carlino’, quando la sede era in un edificio che oggi ha lasciato il posto al Carlton. E ancora scatti di corse in macchina, atleti, strilloni col Carlino, Coppi, la gente in bicicletta, le truppe americane, l’uomo con l’orso al guinzaglio, il varietà, il Trio Lescano, signorine senza veli, via Orefici e il mercato del pesce, cronaca nera e fatti di sangue. "Non mi sarei mai aspettato di racconare Nino, mio babbo, in questo modo, calandomi nei suoi panni" ha raccontato Comaschi figlio, pensando al padre che il 2 dicembre avrebbe 117 anni. Lui è cresciuto con questo babbo-amico e con un archivio pazzesco che già vent’anni fa donò alla Cineteca.
Cronaca’Le foto del babbo’ raccontano la città