di Mariateresa Mastromarino
"Costruire un nuovo stadio, connesso sempre al contesto bolognese, valorizzando però la struttura storica e architettonica del Dall’Ara, che non può rimanere una cattedrale nel deserto". L’architetto Luca Drago ribadisce, ancora una volta, a distanza di quasi dieci anni, la sua personale ricetta per affrontare il nodo del restyling del tempio rossoblù, che ha riacceso il dibattito con l’ingresso del nuovo partner Webuild.
Drago, torniamo a parlare dello stadio. Come vede l’accordo per la ristrutturazione?
"Il problema del restyling è a monte. Serve trovare una chiave per realizzare un investimento sostenibile per la comunità e anche a livello economico: l’ipotesi ha un valore di altissimo impatto".
Cioè?
"Intanto il progetto deve salvaguardare gli interessi del Comune, proprietario della struttura. Parliamo di un edificio vincolato per il suo valore storico, quindi la questione non è semplice. In generale, chiunque prenda in mano il treno dello stadio deve risolvere questa questione: la manutenzione dei costi correlati al mantenimento di un’opera che è un monumento".
L’impianto è adeguato al progetto?
"Lo stadio, fondamentalmente, è una struttura commerciale e in quel luogo, in questo senso, c’è pochissima superficie. Per questo è da valutare bene l’aspetto di sostenibilità economica".
Si parla di circa 200 milioni di euro. Che cifra è?
"Finché non si iniziano a realizzare i lavori, non si potrà capire l’effettiva spesa. Tra le mani c’è una struttura del 1927, obsoleta, che va ristrutturata. Il lievitare dei costi, quindi, è laterale. E poi serve un progetto che valorizzi davvero, architettonicamente, la struttura".
Qual è, invece, l’impatto sulla comunità?
"Vediamo, per esempio, l’impatto sul traffico veicolare e i parcheggi selvaggi. Ma, in generale, l’impatto è molteplice su Costa-Saragozza".
Quindi quale sarebbe la soluzione?
"Costruire uno stadio fuori dall’area urbanizzata, ma in una zona sempre connessa al contesto bolognese. Bologna ha un’importante rete imprenditoriale: si può pensare all’area di Borgo Panigale o alla zona fiera, che consentirebbero di fare un progetto. Al tavolo, quindi, dovrà esserci anche la Città metropolitana, con la quale si devono individuare le zone".
Che caratteristiche devono avere queste aree?
"Devono essere ben collegate con le infrastrutture, come la tangenziale o l’autostrada. Un luogo dove mezzi pubblici o privati possano arrivare senza generare scompiglio. Ma ci tengo a sottolineare una questione".
Dica.
"Il Dall’Ara non va dimenticato: il Comune ha speso risorse per mantenere quel bene e serve sviluppare un intervento che risolva entrambe le questioni".
In cosa si potrebbe convertire la struttura?
"In qualcosa che abbia una ricaduta positiva sulla comunità, che sia un beneficio. Si potrebbe trasformare in un’area aperta al pubblico e al quartiere: io ribadisco l’idea del riuso come parco urbano. Questa, secondo me, è la strada. Ciò che importa davvero è che il Dall’Ara non resti una cattedrale nel deserto".