Tutta ’colpa’ dell’anagrafe. Maria Paola Landini, prima donna preside di Medicina in Italia, dal 2001 al 2007, sta per lasciare la direzione scientifica del Rizzoli. Ma fino all’ultimo mantiene lo sguardo anche sullo sviluppo del Covid.
Professoressa Landini, la preoccupa la nuova variante Omicron?
"È una variante con molte mutazioni, anche diverse da quelle che già ci sono note, e i cui effetti sulla trasmissibilità e sulla capacità di evadere la risposta immune da vaccini sono da definire. Le ricerche avanzano a ritmo serrato e tra non molto ne sapremo di più".
Stanno per arrivare anche le fiale per i bambini dai 5 agli 11 anni. Che consiglio darebbe ai genitori ancora incerti?
"Quando in Italia si inizierà a vaccinare i bimbi, ci saranno molti piu dati di quelli che abbiamo oggi, che comunque sono risultati sufficienti agli organismi regolatori per dare il loro assenso. Bisogna fidarsi della scienza".
Che cosa insegna la pandemia?
"Bisognerebbe puntare molto di più sulla ricerca. La scienza è il motore del progresso, anche in sanità. L’atteggiamento di tipo parassitario di comprare i risultati delle ricerche altrui, è molto negativo anche dal punto di vista economico. La pandemia lo ha dimostrato una volta di più. Abbiamo comprato da Paesi esteri i vaccini, i test diagnostici, i farmaci e le apparecchiature".
Il 31 ottobre ha lasciato l’Alma Mater per raggiunti limiti di età e presto concluderà l’avventura anche allo Ior. Come affronta il cambiamento?
"Molto bene. Incredibilmente dopo 45 anni di attività continuavo a lavorare in modo talmente intenso da essermi dimenticata che il tempo passava e che si avvicinava l’ora di lasciare. A un certo punto tutti hanno iniziato a parlarmene e allora ho capito quello che stava succedendo. Adesso uno stacco è necessario. Ho varie idee in testa sia di tipo scientifico sia artistico. Si tratta quindi di un punto, a capo. Non sarà uno stop".
Che cosa le piace ricordare della presidenza alla facoltà di Medicina?
"Mi ricordo tutto, in particolare le tante cose positive, come le chiamate di tanti colleghi che si sono dimostrati fondamentali per la Medicina di Bologna e per il Sant’Orsola in particolare, l’ attivazione dei Corsi di laurea delle professioni sanitarie e i più di cento nuovi ricercatori".
E i venti anni alla direzione della Microbiologia del Policlinico come sono trascorsi?
"È stato un periodo molto impegnativo, ma anche divertente. Insieme ai miei amatissimi collaboratori abbiamo costruito la Microbiologia più completa e più importante d’Italia: assistenza, ricerca, didattica, tutto al massimo livello. E sono stati gli anni della ricerca internazionale. Ho vissuto anni di vera globalizzazione delle ricerche che conducevo. Non c’erano ancora le conference call. Si volava in Cina, Giappone, Argentina, Canada, Stati Uniti. Che anni belli".
Infine, l’esperienza al Rizzoli.
"Sì, uno degli Irccs storici del nostro Paese. Mi sono messa a servizio dell’Istituto con la finalità di accrescere la considerazione del mondo scientifico per il Rizzoli e rafforzare la fiducia e la stima da parte delle istituzioni in Italia e all’estero. È stato bello vedere lo Ior confermarsi non solo il primo centro ortopedico italiano, ma entrare anche tra i primissimi del mondo".
Quanto ha lottato per i giovani ricercatori?
"Molto. Mi sono impegnata per l’attivazione della cosiddetta ’piramide della ricerca’. Il ministero della Salute mi ha coinvolto in un gruppo di lavoro finalizzato a disegnare un percorso di carriera per i ricercatori in sanità: la legge di bilancio del 2017 ha istituito il ruolo a tempo determinato del personale di ricerca sanitaria e di supporto alla ricerca. Al Rizzoli sono stati assunti a tempo determinato ’lungo’ 38 ricercatori e 13 unità di personale di supporto alla ricerca. E ora ci sono i nuovi bandi".
Lei è stata protagonista degli anni d’oro della medicina bolognese. Come vede il futuro?
"È finita l’epoca delle grandi discussioni, del pensiero libero, delle decisioni sofferte, ma condivise. Adesso prevale una sorta di pensiero unico".
Per una donna, continua a essere sempre più difficile arrivare in alto rispetto a un uomo?
"Le donne possono raggiungere tutti gli obiettivi che si prefiggono. Certo, devono lavorare duramente e la nostra società, ancora molto maschile, è, forse, meno favorevole di una ventina d’anni fa ad accettare un ruolo professionale delle donne".
Chi sarà il suo successore?
"Il bando del ministero si è chiuso da poco e stanno formando la commissione di valutazione. A breve lo sapremo".