di Beatrice Grasselli
BOLOGNA
Tra un anno e mezzo, nei piccoli comuni sotto i 5mila abitanti dell’Emilia-Romagna le attività commerciali potrebbero diventare solo un ricordo. A lanciare il grido d’allarme sul rischio di un’imminente desertificazione commerciale è Confesercenti Emilia-Romagna in vista dell’assemblea annuale che si terrà giovedì (dalle 14.45) al Relais Bellaria hotel a San Lazzaro di Savena (Bologna), alla quale sono stati invitati a intervenire anche il neoeletto presidente della Regione Michele de Pascale e l’assessore uscente allo Sviluppo economico Vincenzo Colla. L’associazione coglierà l’occasione per presentare ai soci lo studio ‘Il ruolo della prossimità nelle politiche di economia urbana’ a cura della Confesercenti nazionale, dal quale emerge un quadro critico per la categoria. Ne parliamo con il presidente Emilia-Romagna Dario Domenichini.
Dalla crisi economica, passando per il calo della popolazione, l’e-commerce, la grande distribuzione, le trasformazioni socio-culturali. Secondo il vostro studio, quali sono i fattori che incidono di più sulla crisi del commercio di prossimità?
"Dal 2014 ad oggi le imprese di commercio al dettaglio in Emilia-Romagna sono diminuite del 16%, percentuale un po’ più alta di quella nazionale (13%). In dieci anni sono scomparsi oltre 8mila negozi, più di due al giorno e questo dato ha riguardato soprattutto le imprese di vicinato. I numeri più consistenti sono nei comuni con una popolazione fino a 5mila abitanti, con punte del 20%. Possiamo dire che ci troviamo di fronte a una crisi complessiva del settore dovuta a diversi fenomeni, dalla perdita di quote importanti di consumo a causa della diminuzione della popolazione nei comuni più piccoli (meno 13mila abitanti in un decennio, ndr), alla contestuale espansione della grande distribuzione, alla crescita esponenziale dell’e-commerce che dopo la pandemia da Covid coinvolge un sempre maggior numero di consumatori, fino agli incrementi dei costi di gestione per gli esercenti, alla crescita di fenomeni di abusivismo e a politiche urbanistiche che non hanno agevolato il settore".
Come se ne può uscire?
"La desertificazione commerciale è purtroppo già in atto e genera effetti economici e occupazionali oltreché disagi nei cittadini. Ad oggi quasi 2,3 milioni di residenti in Emilia-Romagna vivono in uno dei 306 comuni dove non ci sono più attività commerciali di base. Questo significa che categorie fragili, come gli anziani, hanno difficoltà a fare la spesa. Certo è che per uscire da questa prospettiva non c’è un’unica ricetta, ma la messa in campo di vari interventi. Bisognerebbe riportare la vita quotidiana nei centri delle città, semplificare le normative per promuovere l’insediamento di piccole imprese locali, favorire una pianificazione urbanistica per una ‘città 15 minuti’ in cui i servizi anche commerciali siano raggiungibili in breve tempo a piedi. Al presidente De Pascale chiediamo di dare compimento alla legge regionale sull’economia urbana con finanziamenti continuativi, misure a supporto dell’innovazione e della transizione ecologica, un sostegno alla formazione professionale, facilitazioni per l’accesso al credito, il contrasto all’abusivismo e la candidatura dell’Emilia-Romagna come ‘Capitale europea del commercio locale’".
Da dove si può ripartire?
"La situazione va meglio nelle città d’arte, dove esiste un turismo esperienziale. Si tratta in particolare di consumi legati alle grandi città come Bologna, Modena e Parma. Bisogna però anche in questi casi fare attenzione a come il mercato degli affitti brevi modifica i consumi. Questo è un altro tema su cui bisogna fare analisi molto attenti per non perdere opportunità".