REDAZIONE BOLOGNA

L’accoltellatore morto in carcere. La vittima: "Il suo suicidio fa male"

Loredana Caprara, aggredita dal 48enne nel suo albergo, il Gallo, è rattristata dalla fine dell’uomo "Quell’episodio per me resta inspiegabile, era sempre stato gentile: me lo trovai addosso come una furia".

L’accoltellatore morto in carcere. La vittima: "Il suo suicidio fa male"

"Questa notizia mi fa forse più male delle dieci coltellate di due mesi fa". Loredana Caprara è stata raggiunta domenica, nel tardo pomeriggio, dalla notizia del suicidio in carcere di Lul Zim Musta, l’uomo di origine albanese ed ex dipendente che l’aveva aggredita il 27 maggio scorso nel retro del ristorante albergo Il Gallo.

’Luli’, 48 anni, come veniva chiamato non solo in albergo ma anche in città, dove viveva da anni ottimamente inserito, aveva tentato di ucciderla, e non ci sono mai stati dubbi sulla volontarietà.

"Aveva portato il coltello da casa, e abbiamo poi notato attraverso le videocamere che anche in altre occasioni, nei giorni precedenti, aveva fatto movimenti strani quando era passato in albergo. Crediamo lo avesse già da tempo pianificato", dice Caprara, che di quei momenti ricorda tutto, distintamente. "Salivo la scala perché ero andata a mostrare a un fornitore dove scaricare, lui scendeva. Ha estratto il coltello e iniziato a colpirmi, ho fatto solo in tempo a dirgli ‘ma cosa fai?’, e me lo sono trovato addosso. Come mi sono salvata? Lottando e soprattutto, non cadendo. Dopo giorni in ospedale, una volta tornata a casa avevo ancora i lividi nei due polsi per quanto era stato lo sforzo per cercare di parare la sua furia".

Un’aggressione inaspettata e agghiacciante, eppure Loredana, sin dai primi momenti, ha pensato che dietro a quell’orrenda ferocia ci fosse altro, anche seguendo le parole di Luli che appena immobilizzato con un filo di voce disse: "Mi hanno detto di farlo".

"Si era avvicinato a un suo connazionale, e questo avvicinamento l’ha cambiato", si limita a dire. Loredana riconduce a questa amicizia anche il fatto che Luli si fosse poi licenziato senza un vero motivo pochi mesi prima dell’aggressione. "Con noi andava d’accordo, era come uno di famiglia. Era proprio appassionato di quel che faceva, dalla sistemazione del giardino a tanti lavoretti". Quel licenziamento stupì tutti, anche se Luli ogni tanto tornava per dare una semplice aggiustata, "se non trovate nessuno, chiamatemi che vi do un mano", aveva detto. E Luli era tornato anche pochi giorni prima, per un lavoretto di pochi minuti. Poi, il 27 maggio, la terribile aggressione. Poi la tragedia di domenica, alla Dozza di Bologna. "Sono sconvolta. Quello che è successo a fine maggio per me resta inspiegabile".

Claudio Bolognesi