Maestro, quale sarebbe a suo avviso la sede più adatta per il museo Morandi? Luigi Ontani, pressato dai cronisti nella nuova ala dell’Accademia di Belle Arti dove ha appena tagliato il nastro inaugurale, ammette col sorriso che "lo spazio era quello indicato dalla sorella Maria Teresa" e quindi Palazzo d’Accursio ma precisa anche di non voler "entrare in combattimenti". Perché lui dalle polemiche si vuol tenere lontano. "A Bologna i politici mi hanno invitato a festeggiare gli ottant’anni che compirò il 24 novembre. Ma io non festeggio mai i compleanni", aveva detto poco prima. E a chi gli aveva chiesto un’opinione su una possibile destinazione delle sue opere a Villa delle Rose si era limitato a rispondere che quel posto resta nel suo cuore per via dell’indimenticata mostra dedicatagli a inizio anni ‘90. Ieri è stata una giornata di festa per questo maestro assoluto dell’arte contemporanea nato a Grizzana, lì "nella culla di Guido Reni e fra i paesaggi cari a Giorgio Morandi" come ha ricordato la direttrice dell’Accademia di Belle Arti Cristina Francucci. Perché ieri proprio l’Accademia, per la prima volta nella sua storia, gli ha conferito il diploma accademico honoris causa in Pittura Arti Visive. All’istituzione, di cui frequentò in gioventù solo un corso di nudo ("ricordo certe modelle deformi e certi anziani che sbirciavano..", ha confidato simpaticamente al brindisi finale), Ontani ha detto di voler donare presto un’opera non ancora realizzata ("è un ibrido per ora invisibile") ispirata alle sculture ospitate nella gipsoteca. Del resto lui definisce Bologna ‘fondamentale’ nel suo percorso, ricorda lo Studio Bentivoglio, la Settimana della performance, Lucio Dalla...
Davanti ad aula magna gremitissima di vip e di studenti il Maestro, elegantissimo in un raffinato abito violaceo, è iconicamente apparso tenendo una maschera davanti al volto e raccogliendo un oceanico applauso fra flash, cineprese e telefonini. La maschera in ceramica si intitola Atomico amico amica ed è stata realizzata a Bali. E sul concetto di maschera e il suo senso si dilungherà a lungo nel suo intervento. Dopo i saluti istituzionali della presidente Rita Finzi e della direttrice Francucci, è toccato alla professoressa Maria Rita Bentini tenere la ‘laudatio’ di un artista il cui spirito innovativo è fortemente intrecciato con la tradizione. Un artista per il quale l’Oriente diventa un’altra dimensione dell’esistenza, che sa inventare un nuovo alfabeto legato all’oralità e nel quale emerge una vertigine di sensi e non sensi. Lorenzo Sassoli de Bianchi ha invece chiuso gli interventi con la lettura poetica di una sua ballata dedicata all’amico Ontani. "Scavi nel seno del tempo intrecci di simboli e storia, santuari impenetrabili al tempo", sono i primi versi del prezioso componimento dedicato a "un artista di misteriosa natura". E ancora: "Tutto ciò che da giovane eri: ebbrezza, sogno, estasi breve si è trasformato in arte".
L’arte, appunto. Nella sua lectio, accompagnata da alcune immagini delle opere, il Maestro ha detto di averla voluta esprimere non avendo un’esperienza accademica se non quasi per dispetto e ha ricordato uno zingarello che nel Dopoguerra, definendolo ‘pososo’, gli aveva offerto la chiave per mettersi in posa. Ontani, divagando, cita Foucault, ricorda Dorfles e Barilli, dice di aver giocato fra grottesco e atemporalità, rivendica un impegno etico anche se non si è esplicitato in chissà quali impegni sociali e spiega che l’arte è un sentiero che permette di vedere qualcosa di bello anche se non esiste e quindi di reinventarlo. Non dimentica la contemporaneità, però. "Sono nato sotto i bombardamenti – dice – ma i guerrafondai sono sempre gli stessi".