Bologna, 5 gennaio 2024 – Anna Maria Stefanini non manca mai. Non si è mai persa una commemorazione in onore di suo figlio Otello, che il 4 gennaio del 1991 cadde con altri due colleghi – Andrea Moneta e Mauro Mitilini – sotto i colpi dei fratelli Savi, la banda della Uno bianca, in quella che è passata alla storia come la strage del Pilastro. Restrizioni legate alla pandemia permettendo, e nonostante l’età, la signora, sorretta dall’altro figlio Alessandro, anno dopo anno si è presentata in via Casini. E anche ieri ha deposto un mazzo di fiori ai piedi del cippo dedicato al figlio perduto troppo giovane, 23 anni ancora da compiere, mentre faceva il suo lavoro di carabiniere. Commossa, ha abbracciato i tanti che le hanno porto le proprie condoglianze, e un’amica ormai storica, residente nei palazzoni del Pilastro, che empatizzò con la vicenda e da lì è rimasta sempre in contatto con la mamma dal cuore spezzato.
Quest’anno però c’è qualcosa di diverso: la riapertura delle indagini sui delitti della banda dei Savi. "Sicuramente questa è una giornata di dolore, ma la notizia della riapertura delle indagini, dovuta anche al nostro esposto, ci dà fiducia – riflette Alessandro Stefanini –. Siamo sempre più convinti che dietro la Uno bianca ci fossero altre persone, che sicuramente sono ancora in giro. Anche su quello che accadde qui al Pilastro ci sono lati oscuri: per esempio, mio fratello e gli altri due ragazzi dovevano essere fermi alla scuola. invece erano in movimento – prosegue –. Sembra come se fossero stati adescati o chiamati da qualche parte e attirati qui al Pilastro, dove purtroppo sappiamo quello che è successo". Ora, "confidiamo in tempi abbastanza rapidi per le indagini e siamo disponibili a dare una mano alla magistratura per fare luce. Dovrebbero risentire alcune persone fondamentali, tra cui l’ex vice brigadiere Macauda: lui sa sicuramente qualcosa che non ha detto quando è stato arrestato". Domenico Macauda, condannato per calunnia dopo avere depistato le indagini sull’agguato ai carabinieri Cataldo Stasi e Umberto Erriu a Castel Maggiore, fu radiato dall’Arma.
In piedi accanto al figlio che le è rimasto, avvolta da un cappotto grigio e dal suo dolore, Anna Maria Stefanini da anni convive con il lutto.
Signora Stefanini, sono trascorsi trentatré anni da quel maledetto giorno.
"Oggi avrei un figlio di 55 anni, invece sono 33 che non ce l’ho più. Per una mamma un figlio non muore mai, è sempre dentro di me. Però mi manca, mi manca da morire. E poi pensando a tutto quello che è successo, l’atrocità di come me l’hanno portato via... Non si può spiegare il dolore".
Lei non perde una commemorazione.
"Per me questo giorno e anche tutti quelli precedenti in cui so che si avvicina la ricorrenza, sono difficilissimi. Però mio figlio è sempre nel mio cuore, in ogni momento. Non mi lascia mai, oppure non sarei neanche qua. È lui che mi dà la forza".
C’è una nuova inchiesta in Procura su quello che accadde quella notte e non solo. Cosa ne pensa?
"Spero molto porti a qualcosa. Confido nei magistrati, nelle forze dell’ordine, mi auguro che sia fatta piena luce e che finalmente io possa sapere la vera verità. È l’unica consolazione che mi resta, questa. Altra non ne ho. La perdita di un figlio non può essere sopita da niente".
Il lutto non si spegne mai...
"Ho perso Otello 33 anni fa, ma è come se fosse successo ieri. Anzi, per certi aspetti è peggio ora, perché penso a lui mentre sono sola a Roma, e mi sento senza niente".