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Omicidio a Bologna, le minacce a Kristina: "Un giorno ti apro la testa, se mi va"

Le frasi del presunto killer della ventisettenne estrapolate dalle migliaia di chiamate trovate nella app. Agli amici: "Ieri sera l'ho picchiata"

Bologna, 30 luglio 2022 - "Kri io ti apro la testa un giorno. Ti porto con me fino alla morte". Minacce del genere, emerse dall’infinito corpus di telefonate registrate da Giuseppe Cappello e poi cancellate, erano all’ordine del giorno per Kristina Gallo. Che, come scrive il gip Roberta Dioguardi nell’ordinanza d’arresto, a causa delle condotte dell’indagato viveva "una perdurante, assoluta condizione di soggezione e paura per la propria incolumità", che l’aveva ridotta "in uno stato di segregazione morale, imponendole radicali mutamenti delle proprie abitudini".

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Kristina Gallo aveva 27 anni
Kristina Gallo aveva 27 anni

Stando a quanto ricostruito dalle indagini coordinate dal pm Francesco Caleca, Kristina era stata costretta a lasciare il lavoro; veniva puntualmente privata del cellulare e del computer; non poteva neppure avere notizie dei suoi affetti più cari, se non per tramite dell’indagato. Che avrebbe anche realizzato un profilo Facebook finto di lei, per controllarne le frequentazioni social. Come emerge dalle conversazioni analizzate, Cappello era ossessionato dalla gelosia: "Tu sai perché hai lasciato la bicicletta a lavorare? Tu la bici l’hai lasciata ieri. Tu ieri sera sei rimasta fuori con qualcuno e qualcuno ti ha portata a casa", le aveva detto una sera di giugno in cui la ragazza, per una gomma forata, era stata costretta a tornare a casa a piedi dal lavoro. "Te non stai neanche camminando – le diceva – non sento i rumori. Te sei in una macchina". La situazione, già pesantissima, era degenerata quando la ragazza aveva scoperto che l’uomo, da anni, aveva un’altra: "Sei stato tu. Hai rovinato tre anni, tre anni", l’accusava lei.

E lui replicava: "Amore queste parole le rimpiangerai amore, credimi. Amore ti pentirai, fidati che ti pentirai". E quando lei era andata sotto casa dei genitori dell’indagato (convinta che anche lui vivesse lì con la moglie) a fare una scenata, lui era fuori di sé dalla rabbia e dalla preoccupazione: "La volevo scannare. Solo che se alzo le mani l’ammazzo", diceva a un amico. E a una vicina: "Se alza le mani io l’ammazzo capito perché, la scanno proprio". "Questa qua mi può crear dei danni peggio degli altri", confidava a un altro amico, dicendo che voleva denunciarla per stalking, ma "l’importante è che non sappia un cazzo mia moglie".

Lui raccontava anche agli amici di picchiare Kristina: "Ieri sera gliene ho date io a lei quando sono andato da lei dopo. Ah ciccio le ho tirato un mappino che... se lo tiro a un uomo gli si gira la testa dall’altra parte". Una relazione conflittuale, come la descrive il gip, "ma certamente volta alla ricerca continua l’uno dell’altro". In cui lei, saputo che Cappello era sposato, l’avrebbe "sfidato".

Non escludendo dunque che "la condotta omicida sia stata posta in essere nel corso di una delle violente liti che hanno caratterizzato la relazione", né che la stessa "sia stata determinata dalla scoperta da parte di Kristina Gallo della ‘doppia vita’ condotta dal suo compagno". Che aveva posto in essere le sue violenze "per impedire alla donna di acquisire piena consapevolezza del castello di bugie costruite negli anni" da lui.