"Non c’è più una grande differenza tra modelli sociali maschili e femminili. E in una società ‘violentizzata’ neppure il modo di sfogare l’aggressività da parte degli adolescenti è tanto diverso". È la psichiatra Michela Casoria ad analizzare il fenomeno della baby gang tutte al femminile, dopo l’episodio dell’aggressione a una diciassettenne, avvenuto qualche sera fa in pieno centro.
Dottoressa Casoria, ‘violentizzazione’ della società. Cosa intende con questo neologismo?
"La valorizzazione dell’aggressività, dell’atteggiamento prevaricante dell’uno sull’altro per affermare le proprie idee e il proprio volere. Condotte non solo sempre più frequenti, ma anche sempre più spesso giustificate, banalizzate. E questo vale per tutti, giovani e adulti. In particolare negli adolescenti, che sono ancora alle prese con lo sviluppo della propria identità, della propria parte riflessiva, l’assenza di una regola sociale condivisa, porta a pensare che questo sia il modello vincente. Sia che siano maschi, sia che siano femmine".
Esempi sbagliati portano a comportamenti sbagliati.
"L’aggressività è una componente significativa dell’adolescenza, questo è noto. Il discrimine è come viene convogliata. E questo dipende dal contesto in cui è inserito il ragazzino, dalle occasioni di sfogo che trova, al significato che impara a dare alle proprie azioni. Sport, creatività, gioco. E poi ci sono gli atteggiamenti violenti".
La risposta repressiva è l’extrema ratio. E soprattutto arriva dopo l’esplosione di violenza. Cosa serve a questi ragazzini?
"Le ricerche di criminologia più recenti dicono che i modelli repressivi sono importanti, quelli educativi altrettanto, ma fondamentalmente servono spazi sociali dove gli adolescenti possano costruire la loro identità sociale in un gruppo di pari, dove apprendere come convogliare la spinta aggressiva che hanno in modo costruttivo. E lo stesso discorso vale per la noia".
Abbiamo imparato in questi ultimi anni a conoscere le baby gang. Di solito però i leader erano sempre maschi. Oggi ci sono bande solo di ragazze. Cos’è cambiato?
"Oggi maschi e femmine hanno modelli identitari analoghi. Le differenze si sono appiattite: l’idea di predominio seduce anche le adolescenti, influenzate da un esterno dove il ‘vincente’ è chi ha più soldi, più visibilità social, è più affine ai canoni estetici dominanti. E questo modello identitario, trasversale un po’ a tutta la società, colpisce in particolare i giovanissimi, che mancano della maturità necessaria per trovare una propria strada".
La ragazza aggredita in via Ugo Bassi ha detto di non conoscere le adolescenti che l’hanno picchiata. Non è stata neanche rapinata. Cosa muove, allora, la violenza?
"La necessità di affermarsi attraverso il gruppo porta a misurarsi con sfide e ‘riti di iniziazione’. L’aggredito è solo un mezzo per ottenere la visibilità che si vuole. Non importa chi sia, ma che sia strumentale allo scopo. Ancora di più oggi, in cui il ‘like’ sui social è diventato prioritario, non interessa quale sia l’effetto, ma che ciò che si fa diventi virale. E questa assenza di progettualità, con l’azione, anche violenta, che si costruisce in fieri, ha conseguenze a volte disastrose".
Nicoletta Tempera