NICOLETTA BARBERINI MENGOLI
Cronaca

La percezione di Raffaello nel primo ’900

Nicoletta

Barberini Mengoli

Si parla, e con ragione, degli effetti negativi della pandemia. Ma sento anche dire che, durante questo periodo, alcuni cantanti hanno scritto brani frutto di momenti molto intimi, o che l’attore indiano Kabir Bedi, noto per aver interpretato Sandokan nell’omonimo sceneggiato, ha scritto un’autobiografia, cosa che per mancanza di tempo non avrebbe mai potuto fare in momenti normali; e così tante altre notizie. Traiamo dal negativo il positivo. E osserviamo che anche per la cultura è stato lo stesso. In tempi normali scrivere un libro di cultura è difficoltoso e impegnativo perché, solitamente, bisogna verificare molte fonti di studio; oggi, con internet, si può comunque controllare e approfondire tutto anche da casa. Così sono nate quelle opere che forse non avrebbero avuto vita: la cultura ha riempito proficuamente il tempo per gli autori, ed ha arricchito la ricerca. È il caso del volume appena uscito, edito da Minerva, ‘Raffaello 1920 – 1922 Percezione’, del bolognese Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi che, in occasione delle celebrazioni dei 500 anni della morte di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520) ha ritenuto opportuno approfondire gli studi pubblicati 100 anni fa, ossia nel 1920, nell’intento di indagare a posteriori come fosse stata percepita la lezione di Raffaello nella critica e nell’arte del primo dopoguerra. Avvalendosi di studi critici e di pubblicazioni di importanti esponenti della cultura di allora, l’autore ha saputo trovare nelle opere di Picasso, Severini, De Chirico la classicità del grande urbinate, facendo rivivere attraverso parallelismi interessanti, tra le loro opere, molti aspetti nuovi e stimolanti. Futurismo, Avanguardie italiane, Cubismo nascono e si evolvono con la forza della classicità per innovare l’arte moderna e sono ancor meglio esaminate, a distanza di cento anni, come un’immagine attraverso un cannocchiale che il tempo aiuta ad analizzare. La tradizione quindi come elemento base per l’arte che segna la generazione del dopoguerra.