Una marea di fiori bianchi attraversa le vie del centro, tenendo vivo il ricordo e la memoria di chi, il 2 agosto 1980, in stazione ha perso la vita. Sono i sopravvissuti della strage e i familiari delle vittime, che ogni anno si stringono, sotto le Due Torri, e si abbracciano in un dolore che non passerà mai. Avvolti nelle braccia dell’intera comunità cittadina e territoriale, i fiori bianchi sfilano fino in stazione, "per non dimenticare", ma soprattutto "per raccontare agli altri ciò che è successo". Coltivare la memoria, pretendendo giustizia e verità, è la chiave per andare avanti. "Sono qui per ricordare alla mia generazione ciò che è successo – racconta Federica Sacrati, giovanissima –, condividendo le informazioni che ho attraverso i mezzi della mia generazione: dai podcast ai social media. Racconto la mia storia a chi conosco". Una storia segnata inevitabilmente dall’attentato. "Quel 2 agosto, mio papà era in stazione con sua mamma e sua nonna, e le ha perse entrambe", conclude Sacrati.
Pochi metri più avanti, c’è Marcello Lambertini, che rappresenta, con i fratelli, la seconda generazione della famiglia al corteo. "Mia nonna è morta nello scoppio – dice Lambertini –. Portiamo avanti questa storia, soprattutto grazie a mio papà. Lui è impegnato nell’associazione e racconta nelle scuole ciò che è accaduto; noi partecipiamo alla manifestazione ogni anno, e raccontiamo la verità". Con la gerbera sul petto, Yuri Zini, sopravvissuto alla strage. "Sono stato in silenzio per 39 anni – racconta l’uomo che all’epoca dell’esplosione aveva solo sei anni –, perché mi sentivo in colpa: io mi sono salvato, altri no, perché? Pian piano, però, ho deciso di superare la cosa, ci ho messo tanto tempo. E l’ho fatto scrivendo Quel che resta della bomba, libro che parla della mia storia e di quella di tutti".
C’è chi vive negli occhi e nella voce dei propri genitori la tragedia di 44 anni fa. "Sono figlio di una sopravvissuta – inizia Michael Perathoner –. Mia mamma stava prendendo il treno per tornare a casa, a Bolzano, a undici anni. E noi la supportiamo nel percorso di memoria: fa divulgazione nelle scuole e ha anche scritto un libro. Io non posso fare altro che seguire le sue orme, per non dimenticare mai". Nicola Braccia è nel corteo che culmina nel luogo dell’attentato. "Mio papà Tonino è rimasto ferito nella strage – spiega –. All’epoca non ero nato, ma ho comunque ricordi, già dall’infanzia, grazie alla testimonianza di mio padre: gli chiedevo del perché della cicatrice sul viso e delle problematiche causate dall’esplosione. È stato intelligente, perché mi ha sempre raccontato tutto, non mi ha mai nascosto nulla. Ho un legame forte con questa storia e inconsapevolmente anche con la città".
Nel corteo ci sono anche Atsamaz Misikov e Viktor Kotsoev, bambini ora adulti sopravvissuti alla strage di Beslan in Russia, nel 2004. "Siamo connessi a Bologna da sempre – concludono i giovani di 27 anni –. Questa è la strage più atroce italiana; quella che abbiamo vissuto noi, invece, lo è nel contesto russo. Siamo qui per dare vicinanza e soprattutto per non dimenticare mai".