Bologna, 19 agosto 2023 – La fuga dei medici dai Pronto soccorso è uno dei temi cruciali della sanità. E adesso si sono aggiunte le testimonianze di chi, pur amando l’emergenza urgenza, decide di presentare le dimissioni. È il caso di Silvia Luconi, 44 anni, che, sposata e con due figli, ha lasciato "a malincuore per i ritmi insostenibili dovuti alla carenza di personale" un Pronto soccorso della Romagna, scegliendo di diventare medico di famiglia.
Così si è aperto un dibattito, nel quale interviene anche il presidente dell’Ordine dei medici, Luigi Bagnoli, che ha svolto la professione di medico di famiglia per 42 anni: "Tutto il sistema sanitario è in difficoltà e molti miei ex colleghi non hanno atteso i 70 anni per andare in pensione, ma hanno lasciato a 67, 68 anni, alcuni anche a 65".
Salvatore Bauleo, segretario provinciale della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale, sottolinea le differenze dei ruoli nei vari settori della sanità: "Sono felice di dare il benvenuto alla dottoressa Luconi. La collega, come altri medici ospedalieri hanno già fatto negli ultimi due anni, ha deciso di lasciare il lavoro di medico dipendente per la medicina generale e appare evidente che quest’ultima stia risultando più attrattiva rispetto al lavoro di medico dipendente. Riteniamo che questo sia dovuto non a un minor carico di lavoro che grava su di noi rispetto agli ospedalieri, ma alla nostra autonoma organizzazione del lavoro".
Secondo Bauleo, questa caratteristica, "è senz’altro la chiave di volta per favorire, da una parte un rapporto medico-paziente più stretto, basato sulla fiducia e meno conflittuale, dall’altra consente al medico di svolgere la propria attività, seppure molto impegnativa, più liberamente e con ricadute sulla vita familiare più gestibili. Questo nonostante le 12 ore al giorno di lavoro di un medico di famiglia che oggi, nella maggioranza dei casi, si trova ad assistere 1.800 pazienti". Il rappresentante Fimmg ammette che "noi siamo senz’altro più liberi il fine settimana, ma spesso il sabato viene impegnato con l’aggiornamento e che, altrettanto spesso, impieghiamo il week end per svolgere il lavoro burocratico".
Conferma Luconi che "il lavoro in Pronto soccorso e quello come medico di famiglia sono entrambi impegnativi e importanti per la tutela della salute dei cittadini. Sono due realtà lavorative con un’organizzazione diversa. Sicuramente – osserva – man mano che crescerà il numero dei miei assistiti, ora circa 800, il carico di lavoro aumenterà, ma comunque mi permetterà di conciliare l’attività professionale con le mie attuali necessità di vita privata e familiare. Ho ricevuto messaggi di stima e di sostegno da colleghi, amici e pazienti per aver raccontato in prima persona una situazione di disagio che coinvolge intere categorie di medici ospedalieri". Per Paolo Palmarini, segretario generale Uil Fpl Emilia Romagna, pone un quesito: "Ci si dovrebbe chiedere se i sistemi di convenzionamento siano ancora in grado di sostenere gran parte della medicina sul territorio o se non sia il caso di contrattualizzare almeno parte di queste professionalità. Ovviamente il tema è di carattere nazionale".