Bologna, 2 ottobre 2024 – L’avvocato Gianluigi Lebro mostra alla Corte d’assise un tappo di quelli richiudibili che si usano per conservare le bottiglie di vino dopo l’apertura. "Si può decidere un ergastolo su una bottiglia conservata per tre anni senza una catena di custodia idonea a sigillare un elemento di prova, pur indiretto, decisivo per un processo? Non sappiamo cos’è successo a quella bottiglia dal 2019 al 2022. E il rinvenimento di Midazolam nel corpo di Isabella Linsalata era noto alle parti prima che questa venisse consegnata al Ris...". La difesa di Giampaolo Amato dà battaglia. L’oculista di 65 anni è accusato dell’omicidio della moglie Isabella e della suocera Giulia Tateo, il 31 e il 9 ottobre 2021, con i farmaci Midazolam, benzodiazepina, e Sevoflurano, anestetico che avrebbe sottratto in uno degli ospedali in cui lavorava (è accusato anche di peculato). Ieri, è toccato ai suoi difensori Lebro e Cesarina Mitaritonna discutere in aula. Questi hanno chiesto "convintamente e fermamente l’assoluzione perché il fatto non sussiste, dato che nessuna accusa è stata dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio", così l’avvocato Lebro. "Chiedere l’ergastolo per una persona è chiedere che sia giustiziata – provoca l’avvocato Mitaritonna –. Bisogna avere degli elementi solidi per farlo. Qui ci sono? Lascio la domanda aperta". Apre l’avvocato Lebro: "La mera plausibilità di una ricostruzione alternativa ai fatti, in un processo indiziario, impone l’assoluzione", chiarisce. E rigetta le accuse una a una.
Il movente. "Amato non aveva ragione per commettere quei delitti. La sua unica colpa è stata gestire malissimo la sua relazione extraconiugale, cercando di mantenere un equilibrio tra la passione per l’amante e il legame con la famiglia: non c’è riuscito. Il movente economico non esiste, non aveva bisogno di denaro. Quello sentimentale neppure: a ottobre 2021 era fuori di casa, poteva fare quel che voleva".
La cremazione ("solo un modo per fare accedere la moglie alla tomba di famiglia, l’autopsia sarebbe stata comunque fatta prima"), le coperte rimboccate a Isabella nel letto senza vita ("sistemate dalla sanitaria del 118 intervenuta"), appunto la famosa bottiglia offerta a cena da Amato alla moglie nel maggio 2019 e conservata poi dalla sorella della vittima, che si insospettì dopo avere trovato la sorella stordita dopo il pasto e che, analizzata nel 2022 dal Ris, risultò positiva al Midazolam. Per quanto riguarda i farmaci, "allo stesso modo in cui potrebbe averli presi lui, avrebbe potuto farlo la moglie, pure medico. È una possibilità astratta, in entrambi i sensi. Ma una ricostruzione alternativa possibile esiste ed è sufficiente a imporre l’assoluzione". I passi registrati dallo smartwatch le notti delle morti. "Algoritmo dai criteri ignoti, inattendibile: nel caso di Tateo, avremmo addirittura soste di un’ora o più nel pianerottolo, se i piani saliti e gli orari fossero affidabili. Inoltre, in tutto quel frangente Amato chattava con l’amante, dovremmo immaginare abbia ucciso la suocera mentre scriveva al cellulare, col figlio nella stanza accanto?"
Entrambe le donne furono trovate senza vita in circostanze simili a pochi giorni di distanza. I loro appartamenti erano comunicanti, al piano di sotto viveva Amato dopo la separazione. "Non c’è causa comune di morte tra Tateo e a Linsalata – attacca l’avvocato Mitaritonna –. Per la suocera, che essa sia dovuta ai farmaci è suggestiva, senza prove scientifiche o medico-legali. Quella di Isabella è dovuta a un’intossicazione da xenobiotici, ma nessuno ha saputo dire come li ha assunti. Non si può provare siano stati somministrati da altri", conclude.
In aula era presente anche il figlio dell’imputato, Nicola. Il 16 ottobre repliche e sentenza.