REDAZIONE BOLOGNA

La Bologna di Dante, studente fuori sede

Le iniziative degli studiosi dell’Unibo, fra mostre e tanta poesia. Brunetti: "Da aprile all’autunno vogliamo creare una città ’del dire d’amore’"

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di Claudio Cumani

Una città inclusiva, abitata da gente che parla lingue diverse, frequentata dai poeti, studiosi, nobili, notai. Un caleidoscopio, una società plurale, un’Europa ante litteram. Ecco la Bologna che, a fine Duecento, scopre lo ‘studente fuori sede’ Dante Alighieri. Un luogo che per il Sommo Poeta, di cui quest’anno si celebrano i settecento anni dalla morte, resterà fortemente presente nella memoria. A Dante Bologna si appresta a tributare un significativo omaggio grazie a un ricco calendario di eventi curato da studiosi dell’Alma Mater: anzitutto Giuseppina Brunetti (professore ordinario di filologia romanza alla nostra università) e poi Davide Rondoni e Andrea Ceccherelli, presidente del Centro di poesia contemporanea. Le iniziative, in sinergia fra Comune e Alma Mater, sono sostenute anche dal Comitato nazionale per le celebrazioni dantesche.

Professoressa, l’Alighieri come sarà ricordato a Bologna?

"La nostra idea è di creare, da aprile all’autunno, una città ‘del dire d’amore’. Perché qui si inventò davvero in quel tempo la lingua dell’amore, grazie alla presenza dei rimatori provenzali e italiani, i primi poeti moderni della nuova Europa, e di una personalità come Guido Guinizelli, che lo stesso Dante indicò come maestro. Pensiamo a letture, passeggiate letterarie, esecuzione in concerti delle antiche poesie occitane. Vorremmo che la poesia si diffondesse, oltre che nelle aule, anche fra i cittadini, nelle strade e nelle piazze per ritrovare il clima creativo e vivace che Dante incontrò". Nel progetto saranno coinvolti gli studenti?

"Certamente sì, attraverso varie iniziative. Una delle due grandi mostre, alla BUB, offrirà significative documentazioni e lo sguardo dei professori e degli ‘scolari’ bolognesi. Antichi quali Benvenuto da Imola o Carducci e moderni come Pasolini che qui si laureò".

Ci sono documenti che certificano la presenza di Dante a Bologna?

"Non disponiamo di documenti specifici, ma è plausibile che Dante abbia soggiornato in città: gli espliciti riferimenti sparsi nella sua opera lo dimostrano. Ed è possibile che sia stato mandato in questa città a studiare, una città dove oltretutto il 12 luglio 1270 aveva affittato una bottega per il commercio delle spezie il suo maestro, il notaio fiorentino Brunetto Latini".

Alighieri cita la torre Garisenda?

"Certo. Dante è poco più che ventenne, ne parla in un sonetto trascritto (già nel 1287 nei ‘Memoriali bolognesi’) da un notaio che aveva casa proprio in Porta Ravegnana. Della torre si ricorderà anche nel canto XXXI dell’Inferno quando descrivendo il gigante Anteo, per quella impressionante altezza, gli tornerà in mente ancora Bologna. Dice che, se si guarda la Garisenda contro un cielo solcato da nuvole, sembra quasi che quella torre ci venga addosso: "Qual pare a riguardar la Carisenda ...". È proprio l’effetto che ancora oggi si prova arrivando, ad esempio, da via Zamboni. Dante la torre imponente l’aveva vista".

Ci sono bolognesi citati nella Divina Commedia?

"Sì, ad esempio, un politico, Venedico Caccianemico, punito tra i ruffiani. Più interessante invece è che nel De vulgari eloquentia, il trattato sulla letteratura nuova, egli dimostri di conoscere così bene Bologna da indicare nel bolognese di Strada Maggiore, distinto da quello periferico di Borgo San Felice, il migliore volgare parlato in Italia".

Dopo la gioventù, Dante tornerà?

"Giovanni del Virgilio, professore all’università, stipendiato dal Comune di Bologna per spiegare i classici latini, scrive per Dante un’egloga, ai tempi dell’esilio, invitandolo a cambiare e a scrivere appunto in latino per venire a Bologna. Ma Dante risponde e rifiuta fieramente la proposta difendendo la sua Commedia in volgare italiano e accennando a una sinistra presenza in città, un Polifemo. Chi sia questo misterioso personaggio è dubbio. Quel che è certo è che la sua Commedia fu poi trasmessa e amata proprio a partire dall’Emilia Romagna e che, almeno per i primi vent’anni dopo il 1321, il poema sarà diffuso quasi esclusivamente nelle nostre zone".