REDAZIONE BOLOGNA

La bicicletta ha un’anima futurista

Personalmente sono per l’elogio della bicicletta. È un mezzo dinamico, ecologico, che esprime fisicità, forza, velocità. È perfettamente inserita nella...

Personalmente sono per l’elogio della bicicletta. È un mezzo dinamico, ecologico, che esprime fisicità, forza, velocità. È perfettamente inserita nella cultura futurista di Tommaso Marinetti. Nel 1909 nasceva ufficialmente il Futurismo, il Movimento d’avanguardia artistico-letterario, con il famoso Manifesto. Nel maggio dello stesso anno scattava da Milano il primo Giro d’Italia ciclistico. Due eventi che sono legati e che sono cresciuti parallelamente. Il Movimento di Marinetti nasceva con l’intenzione di rompere con gli schemi codificati, contro la moderazione, l’equilibrio, e i valori retorici della borghesia benpensante. La bicicletta divenne subito un mezzo accessibile a tutti e assunse un’identificazione di carattere nazional-popolare: non prerogativa di una casta dominante, ma al contrario figlia del coraggio, della fatica, della meritocrazia, della libertà. Bene, dunque. Ma molti ciclisti che circolano in città spesso (non tutti) interpretano in modo un po’ troppo personale e ampio l’idea di libertà sulle due ruote. Pedalano sotto i portici, non sempre sono dotati delle segnalazioni luminose, viaggiano contromano, sfidano le corsie preferenziali. Nella città dei 30 all’ora (solo virtuali) anche ai valorosi delle due ruote urbane si chiede civiltà di circolazione.

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