La ‘banda del buco’ Fine indagini, in trentadue verso il rinvio a giudizio

Sono indagati a seguito del maxi blitz della Guardia di Finanza dello scorso luglio. Tra le accuse più gravi ci sono l’associazione a delinquere e la bancarotta.

La ‘banda del buco’  Fine indagini, in trentadue  verso il rinvio a giudizio

La ‘banda del buco’ Fine indagini, in trentadue verso il rinvio a giudizio

Rilevavano attività, per lo più supermercati, e li spogliavano di tutti i beni di valore quando erano già in crisi. Sono queste le accuse rivolte a 32 persone, la cosiddetta ’banda del buco’, indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata a delitti contro il patrimonio e reati fallimentari e tributari, bancarotta fraudolenta, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio e favoreggiamento. Lo scorso luglio furono eseguite 25 misure cautelari.

A eseguire le misure, la Guardia di finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura (pm Roberto Ceroni), su disposizione del giudice per le indagini preliminari Andrea Salvatore Romito. Ora, nei confronti degli indagati, è stato emesso l’avviso di conclusione delle indagini. A capo del sodalizio, secondo le accuse, sarebbero tre persone: Riccardo Pieraccini, 63 anni di Pistoia; Fiore Moliterni detto Maurizio, 62 anni, nato a Crotone (già arrestato nell’ambito dell’operazione ’Ragnatela’, su un caso di estorsione aggravata dal metodo mafioso, bancarotta e reati fiscali e tributari in una casa di riposo di Porretta, e il processo è in corso); e Domenico Pilato, foggiano di 62 anni.

Tutti e tre sono considerati "promotori, dirigenti ed organizzatori dell’associazione in quanto coordinavano e organizzavano le attività illecite scopo dell’associazione, determinando le attività delittuose da compiere e i tempi e i modi in cui porle concretamente in essere".

In carcere è finiti anche Massimo Vivoli, presidente di Confesercenti nazionale dal 2015 al 2017 e poi componente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro: per l’accusa si sarebbe "messo a disposizione del sodalizio" dando alle loro trattative più "credibilità", per poi disinteressarsi delle holding di cui avrebbe finto di acquistare delle quote.

Dal 2020 in poi, la "banda" avrebbe infatti acquisito quattro società che gestivano supermercati in giro per l’Italia per poi sistematicamente depredarle. Per esempio, 25 punti vendita sul punto del fallimento sarebbero stati trasferiti a new-co riconducibili all’associazione, impedendo la riscossione di 3,3 milioni di euro di tributi.