Bologna, 22 aprile 2017 - Davide Fabbri. Valerio Verri. E ora anche Salvatore Chianese. Un altro morto pesa sulla coscienza di Norbert Feher. La Procura di Ravenna ha infatti indagato il serbo, ricercato da ormai venti giorni nella Bassa dai migliori corpi dei carabinieri, anche per l’omicidio della guardia giurata, avvenuto il 30 dicembre del 2015 a Fosso Ghiaia, alle porte di Ravenna, nei pressi della cava. A Chianese, metronotte di 42 anni freddato con un colpo di fucile a pallettoni al volto, era stata rubata anche la pistola. Dopo i delitti di Budrio e Portomaggiore, le indagini relative al brutale omicidio, che fino a venti giorni fa era rimasto irrisolto, hanno trovato un punto di svolta: tante, troppe le analogie tra i tre omicidi per non far convergere verso un punto comune gli inquirenti.
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Soprattutto in ragione della tecnica usata: del tutto simile a quella che il serbo avrebbe utilizzato in occasione degli altri delitti commessi nel Bolognese e nel Ferrarese. Inoltre come in occasione della rapina del 29 marzo scorso a Consandolo ai danni di una guardia giurata, l’obiettivo dell’assassino era la pistola. Da ultimo il colpo di avvertimento, già visto sulla scena di altri crimini attribuiti a Feher e che nel caso di Chianese aveva mandato in frantumi il lunotto posteriore della sua auto di lavoro. C’è infine un altro elemento che puntella i sospetti: Chianese fu ucciso su una carraia laterale all’Adriatica, statale di collegamento tra il territorio ferrarese, quello a lungo battuto da Vaclavic, e quello ravennate. Alla luce dei 30 alias emersi in uso al latitante serbo, si è accertato che tra la scarcerazione e l’omicidio di Chianese il sospettato era stato fermato 6-7 volte da pattuglie tra il Cervese e il Cesenate. Ma c’è anche un ultimo elemento di analogia, finora mai emerso: il mattino dopo l’omicidio della cava di Ravenna a terra fu trovato un bossolo di fabbricazione dell’Est Europa. Un munizionamento ben tagliato per uno come Norbert Feher, che un tempo apparteneva alla cosiddetta ‘banda degli slavi’.
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Un passato e un presente criminali pesantissimi quelli dello slavo ricercato. Che la famiglia d’origine, però, pare ignorare. Alle telecamere della trasmissione di Rete Quattro ‘Quarto grado’ la sorella di Norbert Feher, Nikoletta Bergel, ha raccontato i suoi rapporti col fratello e l’incredulità per i delitti che oggi lo vedono indagato: "Sono sorpresa: tutta la mia famiglia lo è... perché prima di adesso non avevamo mai sentito nulla di male su di lui. La mia famiglia intera è choccata". La donna, che vive a Subotica, la città serba dove è nato il ricercato, racconta: "Avevo 4 o 5 anni quando lui se n’è andato dalla Serbia e ho continuato a parlare con lui una o due volte l’anno, quindi non posso dire di conoscerlo bene. L’ultima volta ci siamo parlati l’anno scorso: ci siamo detti ‘come stai?’ e cose del genere, ma non è stata una conversazione lunga. Quello che mi è stato raccontato dalla maggior parte delle persone è che era un ragazzo buono, gentile".
La donna ha detto anche di non sapere nulla di una vicenda di rapina con violenza sessuale per cui Feher è ricercato anche in Serbia, né che si facesse chiamare Igor. E nega anche il presunto passato militare del fratello: "Per quello che so, non era un soldato. Se n’è andato prima di fare il servizio militare», ha aggiunto, lanciando un messaggio finale che, alla luce dei fatti recenti, lascia perplessi: «So che lui non ha mai commesso questi crimini, vorrei dire a tutti che mio fratello non è così come lo descrivono. A lui voglio dire: ‘Tieni duro che tutto andrà bene’. Mio fratello non è così. La nostra famiglia è con lui... deve tenere duro. Ma se davvero ha fatto queste cose deve pagare».