Vitali
"Sono orgoglioso ed emozionato nel trovarmi qui, davanti alla mia famiglia, nel giorno in cui ricevo la cittadinanza onoraria di Bologna. Penso che alla mezzanotte del 3 ottobre, quando il club festeggerà i suoi centoquindici anni, noi saremo ad Anfield a sfidare il Liverpool. Anche Renato Dall’Ara ne sarebbe orgoglioso".
Trema la voce di Saputo sotto le volte della sala del consiglio comunale di palazzo d’Accursio, mentre gli occhi gli cadono sulle pagine dattiloscritte del discorso di ringraziamento e la pronuncia un po’ zoppica perché Joey, oltre a un portafoglio che in dieci anni ha dato stabilità, presente e futuro al Bologna, ha un cuore che gli si gonfia di emozione davanti alla moglie Carmie e al primogenito Luca, nel giorno in cui la città ne fa uno dei suoi figli.
Sembra ieri che Joey metteva piede sotto le Due Torri, giusto nel settembre 2014, sbarcando in stazione col trolley come un turista qualunque. In quei giorni si sapeva solo che Saputo era nel mazzo degli investitori di Joe Tacopina, non che di quel mazzo sarebbe diventato l’asso da calare sul tavolo. Peraltro quella non fu, come ci ha tenuto a ricordare anche ieri l’azionista di maggioranza rossoblù, la prima volta di Saputo sotto le Due Torri. "C’ero stato già due anni prima – ha raccontato – arrivando in treno a febbraio per convincere Marco Di Vaio a venire a Montreal. Mi accolse una città innevata, non poi così diversa da Montreal, e lo presi come un segno del destino".
Il suo destino rossoblù il bolognese acquisito Saputo in realtà aveva già cominciato a disegnarlo nel 2015, pochi mesi dopo aver preso il timone del club, quando proprio in un’intervista al Carlino aveva promesso "di portare il Bologna agli antichi fasti, se i bolognesi avranno la pazienza di aspettare...". I dieci anni sono passati, le scorte di pazienza dei bolognesi non si sono esaurite nelle stagioni un po’ anonime di Casteldebole e adesso Saputo raccoglie i frutti del suo lavoro rimettendo piede in quella Champions League che sessant’anni fa, nell’unico precedente della storia, ancora si chiamava Coppa dei Campioni.
"Da dieci anni Bologna è il mio presente – scolpisce Joey – anche perché da un po’ di tempo vivo più qui che a Montreal. Bologna è una città bella e accogliente, aveva ragione Lucio Dalla quando cantava che ’nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino...’". I bilancio allora: "Sono stati dieci anni bellissimi e indimenticabili, fatti anche di momenti difficili in cui i risultati non erano all’altezza delle aspettative dei tifosi. Ma ho voluto costruire dal basso, come oggi fanno certi allenatori. Ho voluto dare radici profonde a un tronco robusto, per questo ho posto le basi col centro tecnico e con le migliorie al Dall’Ara (nessun accenno alla complessa e costosa opera di restyling dello stadio, che ancora attende di partire, ndr). In tutto questo fatemi ringraziare Claudio Fenucci". Il fedele ad annuisce in sala e lo fanno anche Giovanni Sartori e Marco Di Vaio quando Saputo li cita passando in rassegna la crescita sportiva. E ancora: "Il calcio in questa città va oltre l’aspetto sportivo, basti pensare alla reazione di Bologna alla malattia di Sinisa". E qui il pensiero corre a Mihajlovic, diventato pure lui cittadino onorario di Bologna nel novembre 2021. Finisce con il richiamo ad Anfield, la casa del Liverpool, location speciale in cui celebrare il prossimo 3 ottobre i centoquindici anni di storia. E in coda c’è pure una notizia: "Questo riconoscimento arriva prima del passaporto italiano, che farà di me anche un vostro connazionale". Bulgnais e italiano quasi in un colpo solo. Bella Joey.