di Francesco Moroni
"Ora più che mai è essenziale parlare dello Ius Soli. Non solo parlarne, serve ancora di più agire, perché di parole nel tempo ne sono state spese tante. Anche troppe". Andrea Colamedici non ha dubbi: la ‘cittadinanza alla bolognese’ non è solo "un gesto simbolico, ma un esercizio di pressione". Sarà il filosofo ‘pop’, amatissimo dai giovani (e non solo) e co-fondatore di Tlon a moderare l’incontro di questa mattina al Teatro Celebrazioni, durante cui il sindaco Matteo Lepore consegnerà gli attestati di cittadinanza onoraria a quasi mille studenti, rappresentanti delle classi seconde e terza delle scuole secondarie di primo grado. Un evento curato da Mismaonda in collaborazione con la campagna ’Dalla parte giusta della storia’ - Qn-il Resto del Carlino è media partner -, che vedrà non solo tanti alunni, ma anche attivisti, sportivi, influencer, scrittori e altre personalità di spicco riuniti nel teatro di via Saragozza dalle 9.30 alle 11 per una giornata speciale.
Colamedici, dalle sue parole si intuisce la necessità di questi incontri.
"Appuntamenti come questo sono fondamentali perché è una questione di civiltà, ancor prima che di cittadinanza. È una sorta di cartina tornasole su quanto siamo disposti a esercitare una sana forma di democrazia e convivenza, oltre che ad aprirci a noi stessi. E non si tratta solo di inclusione".
Di che altro si tratta?
"Interazione. Si tratta di persone che sono già con noi e sono come noi, mentre spesso assistiamo soltanto a una narrazione tossica".
A chi dice che nel Paese ci sono altre priorità, cosa risponde?
"Mi sembra ancora una volta benaltrismo. La questione dell’impostazione delle priorità parte da un presupposto sbagliato: dal fatto che ci si muova con una gamba soltanto, un passo alla volta. Io penso, invece, che come società abbiamo tante gambe ed è un grande errore mettere lo Ius Soli in contrasto con altri temi".
Lei sottolinea come il provvedimento voluto sotto le Torri non sia un simbolo, ma ‘un esercizio di pressione’.
"Sì, perché non si tratta solo di una questione simbolica o di lanciare un segnale. Si vuole creare un ambiente cognitivo generale, con varie città che assumono una postura netta e solida verso il tema e obbligano il governo a prendere in mano la questione a livello nazionale".
Cosa pensa delle attuali politiche al riguardo dell’immigrazione?
"È un discorso affrontato in chiave strumentale, retorica e populista e si muove al di là delle statistiche, che mostrano comunque l’Italia come una zona di approdo o di passaggio. Zygmunt Bauman parlava di ‘retrotopia’".
Ci dica di più.
"È l’incapacità delle persone di immaginare un futuro, quindi si finisce per attingere il senso dal passato e nascondersi nel conservatorismo più becero, che spesso passa solo dal tutelare la singola individualità. Per tutelare la ricchezza che abbiamo, al contrario, la formula vincente è quella di aprirsi con intelligenza alla diversità".
E questo riguarda anche l’aspetto culturale?
"È un discorso di cultura, così come lo intendeva Antonio Gramsci: non un magazzino ben ordinato di informazioni, ma la capacità di tessere relazioni con il mondo e conoscere se stessi".