REDAZIONE BOLOGNA

Inflazione, anno nero sotto le Torri "Attenzione alle fasce più deboli"

Nel corso del 2022 aumenti fino al 13%. L’incognita dei prossimi mesi. Zamagni: "Tante famiglie al risparmio"

di Giorgia De Cupertinis

Sono stati dodici mesi "difficili". Dodici mesi che, se ripercorsi uno a uno, mostrano nero su bianco come "la fiammata inflazionistica" abbia caratterizzato il 2022. I rincari, infatti, si sono mostrati protagonisti anche – e forse soprattutto – sotto le due Torri, dove a novembre Bologna è risultata essere la città più cara d’Italia dopo Ravenna, secondo la classifica elaborata dall’Unione nazionale consumatori, sulla base dei dati Istat. Come segnalato nel grafico, la corsa dell’inflazione non ha dato infatti segni di rallentamento, tanto che nel mese di novembre l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, ha fatto registrare una variazione mensile di +0,4% e un tasso tendenziale del +13,1%. Già a gennaio, inoltre, l’anno sotto i portici si era aperto con un tendenziale al +5,8%, per poi passare a +6% e +6,8% rispettivamente a febbraio e marzo. Numeri ancora più elevati nei mesi estivi, con un tasso tendenziale di 9,5%, invece, nel mese di agosto. "È stato un anno complesso, e caratterrizato da più aspetti – spiega l’economista Stefano Zamagni –. Basta pensare al tema dell’energia, al suo costo e alle forniture. Siamo una realtà manifatturiera, e qui esistono innumerevoli industrie energivore".

Ma, a soffrire di più, sono le famiglie a basso reddito, che già nel corso del 2022 hanno dovuto affrontare diverse criticità. Criticità che, a cascata, i rincari hanno riversato su molteplici settori, così come confermato dall’analisi sulll’inflazione locale: dai prodotti alimentari fino ai trasporti, all’abbigliamento o mobili e articoli per la casa. "L’economia a Bologna va bene, non lo si può negare. Qui l’inflazione è più alta perché, come ricordato anche dalla classifica del Sole 24 Ore, questa città rappresenta il miglior luogo per qualità di vita. La domanda è quindi sostenuta e i prezzi tendono ad aumentare – puntualizza Zamagni –. A persistere, però, è un eterno problema".

Quale? "Il welfare state – spiega – ovvero lo stato del benessere, è un’idea ormai obsoleta, che necessita di essere ripensata. In questo territorio non mancano le risorse, ma i meccanismi di distribuzione per le fasce basse non funzionano come dovrebbero: bisogna dunque puntare sulla sussidiarietà circolare e cambiare il modello organizzativo, altrimenti alcune fasce continueranno sempre a soffrire". Le prime scosse, infatti, non sono tardate ad arrivare, dato che sul territorio bolognese l’inflazione si è fatta sentire lungo il corso dell’intero anno. "Dai tagli ai beni di prima necessità, fino ai numerosi risparmi e le cure mediche. Siamo soliti pensare alla sanità soltanto nelle situazioni emergenziali, ma la popolazione invecchia e un uomo o una donna anziana ha la necessità di sottoporsi a controlli sistematici. Non sempre questo si è realizzato – aggiunge l’economista –. Durante questo scenario complicato, infatti, i ceti abbienti sono riusciti ad andare avanti senza troppi problemi. Ma sono state le fasce deboli a faticare di più: la sofferenza ha molte forme".

E se da poco si è chiuso un anno che ha lasciato alle spalle un andamento dei prezzi non del tutto rassicurante, a emergere sono già le prime prospettive per il 2023. E, parallelamente, per le nuove sfide. "L’anno che è appena iniziato sarà caratterizzato, secondo le previsioni più attendibili, da un periodo di recessione strisciante che si manifesterà soprattutto nei prossimi mesi" conclude Zamagni.