REDAZIONE BOLOGNA

Infermiere minacciate al pronto soccorso del Sant’Orsola di Bologna. “Serve più sicurezza”

La denuncia del Nursind (sindacato delle professioni infermieristiche): “Ennesima aggressione, serve un presidio di polizia anche di tipo privato. Pronti a sederci a un tavolo per cercare soluzioni condivise”

Ennesima aggressione ai danni di alcuni infermieri: questa volta è successo al pronto soccorso del Sant'Orsola di Bologna. Il sindacato: "Serve più sicurezza"

Ennesima aggressione ai danni di alcuni infermieri: questa volta è successo al pronto soccorso del Sant'Orsola di Bologna. Il sindacato: "Serve più sicurezza"

Bologna, 2 settembre 2024 – “Ti gonfio, vieni fuori, tanto ti faccio una foto, togliti la divisa che ti gonfio”. Sono solo alcune delle minacce ricevute, la scorsa settimana, da due infermiere di turno nel pomeriggio al pronto soccorso del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, da parte di un paziente dimesso il giorno prima.

Un'aggressione fortunatamente senza conseguenze peggiori per le due professioniste, terminata con l'allontanamento volontario dell'individuo e una chiamata al 112, ma che, al di là dell'epilogo riaccende ancora una volta, con prepotenza, i riflettori sulla questione legata alla mancanza di sicurezza per gli operatori nei pronto soccorso della città.

“Nonostante le numerose denunce degli ultimi anni, i direttori generali delle nostre aziende non hanno fatto altre che sottovalutare il problema della tutela dei professionisti – commenta Antonella Rodigliano, segretaria provinciale del Nursind Bologna -. Le poche iniziative intraprese finora si sono rivelate fallimentari e le risorse destinate a questo aspetto sono sempre rimaste insufficienti. È da tempo che chiediamo maggiori tutele e più sicurezza, ad esempio con un presidio di polizia vicino ai pronto soccorso della città, anche di tipo privato: si tratterebbe di una risposta concreta ad un problema ormai persistente, che dovrebbe rappresentare una priorità per le nostre aziende".

"I fondi per un intervento del genere – aggiunge Rodigliano – si possono trovare anche perché è la singola a azienda a decidere come investire le proprie risorse. E la sicurezza di chi opera nei pronto soccorso è certamente una valida motivazione”.

Nelle ultime settimane, una delle proposte avanzate a livello bolognese dalle aziende sanitarie, è stata quella di un braccialetto da fornire in dotazione a medici, infermieri e oss per la richiesta di intervento delle forze dell'ordine in caso di aggressione. “Si tratta di un'idea che non ci trova assolutamente d'accordo” spiega però Rodigliano.

“Servirebbe piuttosto un tavolo prefettizio, col coinvolgimento dei sindacati, per cercare soluzioni maggiormente realizzabili e concrete” dice invece Renato Mazzuca, infermiere del 118 e del pronto soccorso di San Giovanni in Persiceto, nonché delegato sindacale.

“Da parte delle aziende manca il pragmatismo necessario ad affrontare la questione – continua- così come mancano iniziative volte a sensibilizzare i cittadini riguardo il rispetto da avere nei confronti degli operatori, i quali non fanno altro che aiutarli, e corsi di formazione per limitare e intervenire in caso di aggressioni”.

Non solo. “È importante che le aziende intervengano anche nella logistica e nell'organizzazione dei servizi – prosegue Mazzuca - e che si lavori di più sulle liste d'attesa, che in molte circostanze, infatti, sono alla base di intemperanze e violenze”.

“Siamo molto preoccupati per questa situazione – commenta infine Dario Antichi, infermiere e delegato sindacale del Nursind al Sant'Orsola -, si tratta di episodi diventati sempre più frequenti, mettendo a rischio non solo la sicurezza dei professionisti, ma anche la qualità dell'assistenza fornita ai pazienti. Finora si è intervenuto solo con misure palliative che non risolvono il problema, coi pronto soccorso continuamente congestionati e lavoratori che si sentono in totale abbandono. Come può un professionista che viene aggredito, insultato o minacciato continuare a gestire il carico di richieste e decisioni con la serenità necessaria? Non è possibile iniziare il proprio turno e restare l’intera giornata lavorativa immersi in un clima di minaccia” ribadisce Antichi. “Le nostre aziende ascoltino i professionisti e si attivino per trovare delle soluzioni – conclude Antonella Rodigliano -. Finora si è fatto troppo poco rispetto a quanto necessario: la sicurezza degli operatori non può non rappresentare una priorità”.