Bologna, 9 settembre 2024 – Non si placa l’allarme per la peste suina africana che ha colpito il Nord Italia, mettendo a rischio tutto il comparto suinicolo Made in Italy che, tra produzione e industria, vale circa 13 miliardi di euro. Al momento sono 27 i focolai attivi, 19 dei quali in Lombardia, sette in Piemonte e uno in Emilia Romagna, nel Piacentino.
Una situazione certamente preoccupante, per il commissario straordinario Giovanni Filippini che non esita a parlare di epidemia. Toni condivisi anche dall’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Alessio Mammi, che conferma l’impegno di viale Aldo Moro per lottare contro la Psa ma chiede "che venga dichiarato lo stato di calamità nazionale" per fare fronte alle spese per contenere il virus e risarcire gli allevatori danneggiati.
Misure urgenti le sollecitano anche gli allevatori e le associazioni di categoria. Anche perché i danni, da quando il virus si è diffuso da Nord a Sud, non si contano: solo i blocchi all’export hanno fatto segnare dai 20 ai 30 milioni di euro di danni al giorno, per un totale di mezzo miliardo. A peggiorare la situazione, anche il fatto che al momento non è disponibile un vaccino contro questo virus, molto contagioso per cinghiali e maiali, ma fortunatamente non per gli umani. Nelle aree colpite sono state istituite "zone di restrizione". Anche le misure di biosicurezza negli allevamenti di suini sono state potenziate. Ma non basta.
Gli allevatori della Cia, incontrando il commissario Filippini, hanno chiesto indennizzi adeguati, il blocco degli oneri, il contenimento massiccio dei cinghiali, principali vettori della Psa, oltre allo stop temporaneo nelle zone rosse di caccia, raccolta funghi e trekking, per limitare al massimo la circolazione del virus. "È chiaro che ora non si può più aspettare – lancia l’allarme presidente di Cia, Cristiano Fini -serve grande sinergia e lavoro di squadra per evitare il disastro". E chiede "più investimenti per aumentare la biosicurezza in azienda" e di "accelerare e intensificare le operazioni di contenimento dei cinghiali". Sulla stessa lunghezza d’onda anche Coldiretti e Confagricoltura. Andrea Cavazzuti, presidente della sezione suinicola di Confagricoltura Emilia-Romagna sollecita "interventi urgenti per gli allevatori delle province del Piacentino che sono stati maggiormente colpiti dall’epidemia". Anche per Cavazzuti il problema è proprio "il proliferare incontrollato dei cinghiali", il cui "contenimento è doveroso. Una situazione che accomuna l’Emilia-Romagna alle altre regioni della Pianura Padana, alla Toscana e alle Marche".